venerdì 31 gennaio 2025

II PARTE DELLA MOSTRA "IL TEATRO DELLE VIRTU'"

 

Gran parte della società capì che i confini si erano allargati e alla vecchia visione tolemaica, secondo cui l’uomo gravitava all’interno di un sistema cosmologico finito, sferico e geocentrico, in cui intorno alla Terra, immobile al centro dell'universo, ruotano in ordine di distanza: la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno e la sfera delle stelle fisse, prese posto la teoria scoperta dal polacco Niccolò Copernico (1476-1543). Per Copernico la Terra si muove intorno al proprio asse di rotazione per la durata di un giorno con tutti i pianeti e il Sole è considerato al centro dell’Universo.

Il sistema copernicano non ebbe immediata fortuna; negli anni successivi fu sostenuto dagli astronomi Keplero e Galileo, mentre una gran parte di filosofi naturali e teologi lo ritennero inaccettabile. Soltanto due secoli più tardi, con l'avvento della meccanica celeste proposta da Newton, esso trovò piena accettazione.

Un contributo dello storico dell’arte ungherese Charles de Tolnay, apparso negli approfondimenti artistici della metà del Novecento, dichiara come l’artista Michelangelo Buonarroti fosse stato il precursore della tesi eliocentrica. Ipotizzando il Cristo raffigurato nell’affresco del Giudizio universale come il Cristo-Apollo. Michelangelo sviluppando le tesi del suo contemporaneo riuscì ad elaborarle in pittura, un tentativo che lo portò ad una vera e propria rivoluzione iconografica ancor prima di quella copernicana.

Le teorie di de Tolnay trovano fondamento osservando anche gli scarti cronologici tra il De Revolutionibus orbium coelestium di Copernico, opera in netto contrasto con l’allora vigente teoria geocentrica, data alle stampe nel 1543, con i lavori alla volta della Cappella Sistina che furono invece commissionati a Michelangelo già nel 1536. Se il collegamento tra le due opere fosse riconosciuto, significherebbe che con sette anni di anticipo il Giudizio universale presentava un’allegoria di quelle teorie che avrebbero di lì a poco segnato una rivoluzione della conoscenza e che già nel 1616 sarebbero state messe all’Indice.

La studiosa britannica Valerie Shrimplin, riprendendo la tesi di Tolnay spiega, nel suo libro intitolato Sun Symbolism and Cosmology in "Michelangelo's Last Judgment” (2001), come nel 1533 si creò un legame tra l’artista e lo studioso. A giugno di quell’anno, infatti, Papa Clemente VII si informò a fondo sulla teoria della centralità del Sole. Il modello copernicano lo colpì al punto che maturò in quel momento la decisione di realizzare il Giudizio.

La studiosa passa poi ad analizzare i legami tra Copernico, Michelangelo e il successore di Clemente VII, Paolo III, sotto il cui pontificato si conclusero i lavori alla Cappella Sistina. Copernico basò i suoi studi matematici sulle precedenti teorie di Marsilio Ficino, contenute nel suo De Sole, tenendo alcune lezioni a Roma sui concetti pitagorici cui pare partecipassero anche Michelangelo e il futuro Papa al secolo Alessandro Farnese. Ecco perché secondo Shrimplin è impossibile che i tre non fossero mai entrati in contatto. Anzi, considerando che il De revolutionibus di Copernico è dedicato a Paolo III, anche committente finale del Giudizio, si potrebbe ritenere che già in quelle circostanze si fossero instaurati rapporti diretti tra loro.  

Il Giudizio universale potrebbe essere stato un manifesto eliocentrico, voluto da due papi, realizzato proprio nel cuore della cristianità, di quella stessa Chiesa che nel secolo successivo si sarebbe posta a difesa del sistema tolemaico, con i processi a Giordano Bruno e Galileo.

Cristo - Giudizio universale - Città del Vaticano - Cappella Sistina 
Michelangelo Buonarroti (1536-1541)  
  



domenica 19 gennaio 2025

Arezzo celebra una mostra conoscitiva dedicata all’artista, all’architetto e biografo Giorgio Vasari

 



L'articolo per la vastità delle informazioni si compone in più parti che verranno pubblicate dalla  periodicamente. 

Da qualche mese la Galleria Comunale d’Arte Moderna di Arezzo dedica una mostra all’artista Giorgio Vasari (1511-1574), con proroga fino al 2 marzo 2025. Personaggio erudito, non meno che eclettico, Giorgio Vasari fu un uomo poliedrico che seppe imporsi sullo scenario politico e artistico della città di Arezzo, già salita agli onori a metà del XV secolo con gli affreschi lasciati da un altro grande artista quale fu Piero della Francesca (?-1492).

Il percorso espositivo si snoda lungo i due piani dell’edificio ed è come sfogliare un manuale di arte moderna, così che anche il visitatore, il più inesperto, possa cogliere quegli spunti salienti che fecero di quel secolo l’età d’oro di questa città.

Apre la mostra il Ritratto di Francesco I de’ Medici eseguito da Agnolo Bronzino (1503-1572), pittore della prima maniera formatosi nella bottega fiorentina di Jacopo Pontormo (1494-1556). Da segnalare sempre dello stesso artista, l’Allegoria della Felicità pubblica (1567-1568) vicina ai modi dell’Allegoria del Trionfo di Venere (1540-45), custodita alla National Gallery di Londra.



Opere composte da figure giocate su scalature di colori sintetici, ritagliate entro uno spazio ristretto e reso volontariamente appiattito. Molti di questi capolavori fungeranno da modelli nel periodo individuato dagli storici dell’arte con il nome di Manierismo. Una corrente, quella del Manierismo, elaborata dalla mano di Jacopo Carucci e portata avanti nei territori toscani dalla pattuglia composta da Bronzino, Beccafumi e Rosso Fiorentino. Artisti che, nella dichiarata volontà di accentuare le figure, imbevute da una forte lascivia e in posizioni allungate da un’eccessiva rotazione dei busti, esprimevano un chiaro dissenso artistico ai fatti politici fiorentini.



Anche la scoperta, intorno al 1492, del “nuovo mondo” non fece che sottolineare nell’individuo la perdita di antiche certezze, provocando quel senso di estraniamento e vuoto esistenziale più profondo e incolmabile. A questo riguardo, cito l’opera con l’Alabardiere (1530 o 1537), di Pontormo, conservata al Getty Museum di Los Angeles dove quegli occhi fissi, spaesati e in cerca di un’altrove, sono espressione di una precisa condizione umana. 


                  L'Alabardiere Jacopo, Carucci detto Pontormo (1530 ca.)                   Cristo morto con gli angeli, Rosso Fiorentino (1525) 



II PARTE DELLA MOSTRA "IL TEATRO DELLE VIRTU'"

  Gran parte della società capì che i confini si erano allargati e alla vecchia visione tolemaica, secondo cui l’uomo gravitava all’interno ...