lunedì 21 marzo 2016

I Tarocchi Visconti - Sforza e i Tarocchi Cary-Yale





In occasione della mostra: "Anime e Tarocchi" dell'artista Massimo Biondi presso l'Atrio d'Onore della Provincia di Arezzo, dal 1 al 18 aprile con VERNISSAGE IL 2 APRILE IN CONCOMITANZA CON LA FIERA ANTIQUARIA. 
Vorrei segnalare questo articolo inerente agli antichi mazzi di Tarocchi ancora esistenti.  

I Tarocchi Visconte di Modrone o detti Cary-Yale (poiché conservati presso la Biblioteca dell’Università di Yale, U.S.A) sono un gruppo di 67 carte, dipinte a mano e ricoperte da una lamina d’oro finemente lavorata a bulino. Emblemi della famiglia Visconti come: la corona con i rami di alloro e di palma, i motti A bon droyt (“a buon diritto”) e Phote mante (cioè il faut mantenir, “bisogna mantenere”) sono impressi consequenzialmente su ciascuna carta. Come nota lo storico Giordano Berti, tutte le carte di Denari portano incisa ora l'una, ora l'altra faccia del fiorino d'oro fatto coniare dal duca Filippo Maria Visconti nel 1442. Il fiorino restò in uso fino al 1447, quando il duca morì e il governo di Milano passò alla Repubblica Ambrosiana. In quello stesso anno fu coniata una nuova moneta, l'ambrosino d'oro, utilizzato fino al 1450. Dunque, l'epoca di realizzazione dei Tarocchi di Yale è certa: tra il 1442 e il 1447. La realizzazione pittorica, in base all'antica testimonianza di Pier Candido Decembrio, biografo del duca, andrebbe attribuita a Michelino da Besozzo. Merita una segnalazione la carta degli Amanti, dove viene raffigurato un baldacchino con gli stemmi dei Visconti e dei Savoia, forse allusione alle seconde nozze di Filippo Maria Visconti con Maria di Savoia, nel 1428.


Bonifacio Bembo, figlio del pittore Giovanni e fratello dell’artista Benedetto, è stato anch’esso un pittore e miniatore gravitante nell’area cremonese. Attratto dagli studi sul neoplatonismo, ebbe come punto di riferimento per la sua formazione Gemisto Pletone. Di Bembo, oltre alle opere più famose, come gli affreschi della chiesa di Sant’Agostino a Cremona e i ritratti di Francesco Sforza e di sua moglie Bianca Maria Visconti, conservati alla Pinacoteca di Brera, gli si annoverano alcuni mazzi celebri dei Tarocchi, realizzati verso il 1442, quelli per il duca di Milano Filippo Maria Visconti e in seguito, un secondo mazzo, per Francesco Sforza e la sua consorte, Bianca Maria Visconti. Se prendiamo in considerazione i primi eseguiti per i Visconti - Sforza, si tratta di uno dei più antichi mazzi di Tarocchi con la successione “classica” dei Trionfi, incompleto poiché mancano solo 4 carte. I 14 Trionfi (dal Matto al Giudizio) sono dell’epoca di Filippo Maria, e sono opera del Bembo mentre i restanti 6, aggiunti successivamente al 1480, sono del miniaturista Antonio da Cicognara. Di questo mazzo 26 carte sono conservate nell'Accademia Carrara di Bergamo, 35 carte nella Biblioteca Pierpont-Morgan di New York, le restanti 13 carte si trovano in collezione privata. Anche in questo, la carta degli Amanti si pensa che raffiguri un altro matrimonio e cioè le nozze tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti del 1441.


Sembra che il giuoco delle carte continuasse ad essere praticato alle Corti anche dopo l’ascesa a duca di Milano di Lodovico il Moro. Un brano, a mio parere interessante, e che riporto, estrapolato dal libro in formato elettronico: "La corte di Lodovico il Moro, la vita privata e l'arte a Milano nella seconda metà del quattrocento" ci introduce alla vita quotidiana delle dame di Palazzo:
“Il giuoco delle carte vantava in particolar modo le simpatie della corte sforzesca. Si sa che tal gioco era diffuso in Italia anche presso il popolo; esso aveva avuto le origini, sembra, in Spagna dove si era diffuso per tutta l’Europa. Il gioco dei Tarocchi fu preferito in Italia nel quattrocento, e i signori andavano a gara nell’acquistare carte ornate, miniate, dorate. Si arrivò, più tardi, ad averne di istoriate con bizzarrie, con leggende, persino con la cronologia dei papi. Fin dal 1468 – per non andar più addietro – in occasione del ricevimento fatto a Lione a Bona di Savoia che veniva sposa a Milano – i gentiluomini milanesi del seguito trovarono tempo di svagarsi e a zascheduno li miseno lo suo giocho: chi giocava a tavole, chi a carte, chi stava in ato de sposare una fia, chi in ato de inamorarse. Crf. (L. Beltrami. Gli spontali di Galeazzo Maria Sforza. Milano, 1893). Ma sembra che, se non proprio messo in onore a Milano, il giuoco delle carte per lo meno fosse qui più che altrove diffuso se vi si fabbricavano i mazzi di carte – di cuoio dorato o di cartone rivestito solidamente di tela ingessata con colla forte – dipinti, miniati talvolta da artisti eccellenti, dorati e alle volte con fregi e i denari a rilievo ottenuti con l’impronta delle monete originali. Ce ne sono rimasti di bellissimi esemplari nei mazzi o parti di mazzi da giuoco di proprietà Visconti, Brambilla e dell’Accademia Carrara di Bergamo (quest’ultimo appartenuto agli Sforza), anche per l’eccezionale importanza che presentano per la storia del costume della prima metà del secolo XV. Fra gli affreschi di una sala del palazzo Borromeo uno rappresenta appunto, con una sana vigoria naturalistica, una scelta comitiva di giocatori alle carte, due dame e due cavalieri intenti alle vicende dei tarocchi. Il cardinale Ascanio Sforza, che preferì sempre le piacevoli emozioni della vita mondana ai severi raccoglimenti della vita ecclesiastica, avrebbe posseduto, secondo qualcuno, un famoso mazzo di carte miniate, che si vollero identificare con quelle dell’Accademia Carrara, delle quali però alcune sole – come osservò anche il Toesca – spettano alla seconda metà del Quattrocento; le altre sono precedenti, come abbiamo detto.
Anche a Ferrara si fabbricavano belle carte da giuoco. Nel 1495 il Moro pregò suo suocero, il duca di Ferrara, di procurargli ben 12 paia di scartini. Se ne fabbricavano anche, tuttavia, di comuni da poco prezzo. Si sa che Parisina Malatesta moglie di Niccolò III di Ferrara – così buona massaia che teneva essa stessa i conti del bucato – non volendo sciupare troppo denaro e desiderando acquistare le carte da giuoco per le sue figliole ne ordinò de quelle da dozena da zugare, de presio de iiij soldi el paro o cinque. Crf. L. A. Gandini Saggio degli usi della corte di Ferrara al tempo di Nicolò III (in Atti e Mem. Della Dep. Di St. P. per le Romagne, 1891)”. 



Bibliografia essenziale


Su Giordano Berti:


Le carte dei Tarocchi del "mazzo Pierpont-Morgan (Bergamo) Visconti-Sforza" hanno ispirato uno dei libri più fantasiosi di Italo Calvino (1923-1985): si tratta de Il castello dei destini incrociati, pubblicato nel 1969.

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