Gran parte della società capì che i
confini si erano allargati e alla vecchia visione tolemaica, secondo cui l’uomo
gravitava all’interno di un sistema cosmologico finito, sferico e geocentrico, in
cui intorno alla Terra, immobile al centro dell'universo, ruotano in ordine di
distanza: la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno e la sfera
delle stelle fisse, prese posto la teoria scoperta dal polacco Niccolò
Copernico (1476-1543). Per Copernico la Terra si muove intorno al proprio asse
di rotazione per la durata di un
giorno con tutti i pianeti e il Sole è considerato al centro
dell’Universo.
Il
sistema copernicano non ebbe immediata fortuna; negli
anni successivi fu sostenuto dagli astronomi Keplero e Galileo, mentre una gran
parte di filosofi naturali e teologi lo ritennero inaccettabile. Soltanto due
secoli più tardi, con l'avvento della meccanica celeste proposta da
Newton, esso trovò piena accettazione.
Un contributo
dello storico dell’arte ungherese Charles de Tolnay, apparso negli
approfondimenti artistici della metà del Novecento, dichiara come l’artista Michelangelo
Buonarroti fosse stato il precursore della tesi eliocentrica. Ipotizzando il
Cristo raffigurato nell’affresco del Giudizio universale come il
Cristo-Apollo. Michelangelo sviluppando le tesi del suo contemporaneo riuscì ad
elaborarle in pittura, un tentativo che lo portò ad una vera e propria rivoluzione
iconografica ancor prima di quella copernicana.
Le teorie
di de Tolnay trovano fondamento osservando anche gli scarti cronologici tra il De
Revolutionibus orbium coelestium di Copernico, opera in netto
contrasto con l’allora vigente teoria geocentrica, data alle stampe nel 1543, con i lavori alla volta della Cappella Sistina che furono invece commissionati
a Michelangelo già nel 1536. Se il collegamento tra le due opere fosse riconosciuto, significherebbe che con sette anni di anticipo il Giudizio
universale presentava un’allegoria di quelle teorie che avrebbero di
lì a poco segnato una rivoluzione della conoscenza e che già nel 1616 sarebbero
state messe all’Indice.
La studiosa britannica Valerie Shrimplin, riprendendo la tesi
di Tolnay spiega, nel suo libro intitolato Sun Symbolism and Cosmology in
"Michelangelo's Last Judgment” (2001), come nel 1533 si creò un legame
tra l’artista e lo studioso. A giugno di quell’anno, infatti, Papa Clemente VII
si informò a fondo sulla teoria della centralità del Sole. Il modello
copernicano lo colpì al punto che maturò in quel momento la decisione di realizzare
il Giudizio.
La studiosa passa poi ad analizzare i legami tra Copernico, Michelangelo e il successore di Clemente VII, Paolo III, sotto il cui pontificato si conclusero i lavori alla Cappella Sistina. Copernico basò i suoi studi matematici sulle precedenti teorie di Marsilio Ficino, contenute nel suo De Sole, tenendo alcune lezioni a Roma sui concetti pitagorici cui pare partecipassero anche Michelangelo e il futuro Papa al secolo Alessandro Farnese. Ecco perché secondo Shrimplin è impossibile che i tre non fossero mai entrati in contatto. Anzi, considerando che il De revolutionibus di Copernico è dedicato a Paolo III, anche committente finale del Giudizio, si potrebbe ritenere che già in quelle circostanze si fossero instaurati rapporti diretti tra loro.
Il Giudizio
universale potrebbe essere stato un manifesto eliocentrico, voluto da
due papi, realizzato proprio nel cuore della cristianità, di quella stessa
Chiesa che nel secolo successivo si sarebbe posta a difesa del sistema
tolemaico, con i processi a Giordano Bruno e Galileo.
Cristo - Giudizio universale - Città del Vaticano - Cappella Sistina Michelangelo Buonarroti (1536-1541) |
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