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martedì 25 giugno 2019

*Verrocchio il maestro di Leonardo*






Fino al 14 luglio prosegue la mostra fiorentina di Andrea di Michele di Francesco Cioni in arte Verrocchio (1435-1488), una doppia esposizione che vede il filo conduttore dell’attività del pittore per gli anni giovanili, all'interno delle sale di Palazzo Strozzi, e della piena maturità nelle due sezioni al Museo del Bargello.

Il valore artistico della mostra lo si riscontra dall'imponente lavoro di raccolta delle 120 opere che i curatori, Caglioti e De Marchi, hanno portato a termine lungo una gestazione di ben quattro anni. L’intento, hanno dichiarato, è stato quello di ridare lucentezza e splendore ad un artista, quasi dimenticato o non del tutto al centro della critica contemporanea, ma che in realtà ha fatto scuola ad una generazione di artisti poi divenuti meteore o astri nascenti nella storia del Rinascimento. Opere di: Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Desiderio da Settignano, Lorenzo di Credi, Fra’ Bartolomeo, Pietro Perugino, Giovanfrancesco Rustici, Bartolomeo della Gatta, Leonardo da Vinci, i Pollaiolo, fanno rivivere lo splendore di quelle botteghe vivaci e dinamiche sparse nei cantieri della Firenze del Quattrocento. Di certo, l’incombente lezione lasciata da Donatello, dovette portare ad una nuova virata nel genere della scultura, costringendo gli artisti a studiare i più sofisticati meccanismi delle pose, delle mani e della torsione del busto, affinché rimanessero sulla cresta dell’onda e così da ottenere sempre più commissioni.

venerdì 6 luglio 2018


Rimarrà aperta fino al 22 luglio nelle sale di Palazzo Strozzi a Firenze, la mostra ideata da Luca Massimo Barbero dal titolo: Nascita di una Nazione. Tra Guttuso, Fontana e Schifano.

Una carrellata di ottanta opere, che hanno come scopo specifico, quello di ripercorrere i tratti salienti che hanno caratterizzato il panorama italiano, dall’Unità d’Italia agli anni della contestazione sessantottina. Una storia visiva composta da opere, video e installazioni dei principali artisti, che hanno apportato con al loro ricerca, quel cambiamento di gusto, di genere e di costume espressi nell’arte, nel cinema, nella moda, nella cronaca, nella politica della società italiana. 
Inizia il percorso il grande quadro con La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1955), del realista Renato Guttuso. Un’opera inerente all’Italia del Risorgimento, che sta a simboleggiare un secondo rinnovamento identificato nel secondo dopoguerra.  Subito dopo Il comizio (1950) di Giulio Turcato (che poi è l’emblema della mostra), fu una tra le opere che andarono in mostra nel 1948 a Bologna nella “Prima mostra nazionale d’arte contemporanea”, suscitando scandalo e aprendo un aspro dibattito sulle pagine dei giornali. Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano su Rinascita parlò di “cose mostruose, scarabocchi”. In realtà l’arte moderna, in quel periodo, iniziò a prendere strade diverse. Staccandosi da un figurativo non più funzionale per quell’epoca, si avviava verso una nuova interpretazione del culto delle immagini e dei contenuti, racchiusi nel simbolo, e adesso studiato in funzione metalinguistica. Parte da qui la ricerca di Giulio Turcato, il cui frammento ideale contenuto nel simbolo, non è altro che l’espressione in forma triangolare delle bandiere con il loro svettare fino agli estremi lembi della superficie della tela, così come gli striscioni bianchi che vi si frappongono orizzontalmente e le linee curve e ondeggianti che lasciano intendere la presenza di migliaia di persone. Gli fa eco Stars, l’opera di Franco Angeli, su cui riproduce (come se fossero tanti stampi in una volta che assomiglia ad un firmamento) la falce e il martello, logo realizzato qualche anno prima da Guttuso per il Partito Comunista. L’opera ricca di significati, si moltiplica nel segno, mostrando anche la non estraneità dell’artista ai fatti americani intorno alla nascente pop art Warholiana. Il quadro battuto dalla casa d’aste Sotheby’s di Milano nel 2016, ha totalizzato il record di 87,000 euro.

martedì 22 maggio 2018

L'Eterno e il Tempo tra Michelangelo e Caravaggio


Dopo il successo invernale della mostra sul Cinquecento tenutasi a Palazzo Strozzi, eccone il proseguimento storico-temporale nell'allestimento ai Musei di San Domenico a Forlì. Un’esibizione di opere di alto livello che si ricongiungono a quell'insieme di idee e fatti storici, focalizzati nella mostra fiorentina appena conclusasi. Una tra le novità che difficilmente ci vengono offerte, quando andiamo per mostre, è indubbiamente quella di trovare le pale pittoriche riallestite dentro una sorta di spazi immaginativi, che ne possano tuttavia rievocare il contesto, e quindi gli altari primigeni entro i quali furono pensate e progettate. Il visitatore infatti si calerà dentro l’osservazione delle tavole, spostandosi agevolmente nella grande sala, ad aula unica, della chiesa domenicana di San Giacomo Apostolo. Seguendo il filo logico artistico, apre la mostra il grande arazzo su cartone di Raffaello Sanzio, elaborato dalla Manifattura di Pieter van Aelst oggi ai Musei Vaticani (Bruxelles 1515-1519)

domenica 5 novembre 2017

**Escher. Oltre il possibile**


                                           

A Pisa è stata inaugurata da poco la mostra curata da Stefano Zuffi “Escher. Oltre il possibile” presso le sale BLU | Palazzo d’arte e cultura con chiusura fissata al 28 gennaio 2018. Una selezione di oltre cento opere comprendenti: xilografie, acqueforti e mezzetinte del famoso incisore olandese Maurits Cornelis Escher (1898 – 1972). L’esposizione si articola in nove sezioni: Volti, Animali, Oggetti e Riflessi, Geometrie e Ritmi, Paesaggi, L’artista, Architetture fantastiche, Nature e Autoritratti. Il visitatore avrà così modo di ripercorrere la sua carriera fin dai primi anni venti quando già diciannovenne si esercitava nelle prime incisioni su linoleum utilizzando nella composizione dello sfondo una serie di righe verticali, memore degli studi geometrici portati avanti dal gruppo olandese “de Stijl” e successivamente riprese dal movimento della “op art”. (cfr. l’incisione Ritratto di Jetta del 1925). 

venerdì 22 settembre 2017

Francesco Rustici detto Il Rustichino, caravaggesco gentile e il naturalismo a Siena





Chiuderà a fine mese questa bella iniziativa intitolata: Il Buon Secolo della pittura senese. Dalla Maniera moderna al Lume Caravaggesco. Promossa da vari enti territoriali tra i quali il Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali e l’Università degli Studi di Siena e allestita nelle sedi espositive di Montepulciano, San Quirico d’Orcia e Pienza. In questo articolo mi soffermerò sulla terza sezione, dedicata a: Francesco Rustici detto Il Rustichino, caravaggesco gentile e il naturalismo a Siena, curata da Marco Ciampolini e Roggero Roggeri.

giovedì 23 marzo 2017

La centralità della tradizione nelle opere di Rodolfo Meli alla Galleria d'arte Moderna di Arezzo




Da qualche settimana è stata inaugurata la mostra “Il guardiano del sonno” di Rodolfo Meli, curata da Carlo del Bravo e Grazia Badino, presso la Galleria Comunale di Arte Contemporanea di Arezzo che rimarrà aperta fino al 17 aprile p.v. Una selezione di opere tra le quali spicca la grande tela intitolata Il buon governo (2003), in collezione privata e di cui la scrivente, in occasione della pubblicazione del catalogo della raccolta, ne sta redigendo la scheda riassuntiva. Ma vediamo più da vicino i momenti caratterizzanti di questo artista.      

Conclusi gli studi negli anni ’70 presso l’Istituto d’Arte di Firenze; il giovanissimo Meli intraprende la carriera pittorica, portando avanti quell’idea di classicismo, maturata dallo studio delle grandi opere, all’interno del contenitore artistico del XX secolo. Attingendo inizialmente dalla Pittura metafisica, lasciata da Carlo Carrà, Meli ha modo di concentrarsi a quel recupero desunto dall’antichità, oltre che nella ricerca e nell’elaborazione di una figura stilizzata ma concreta su di un piano prospettico. Un modello archeologico puro, che sulla scia del concetto che si ha della metafisica, va oltre l’apparenza effettiva della realtà e del tempo.

mercoledì 15 febbraio 2017






Dall’11 febbraio al 5 marzo 2017 all'interno della Casa Museo Ivan Bruschi di Arezzo si possono visionare 37 disegni dei migliori fumettisti del panorama italiano, ritraenti alcune delle band più famose che si sono alternate sul palco, nei trent'anni di Arezzo Wave Love Festival. La mostra si snoda con quattro sezioni. Nella prima sala, sono accorpati più disegni dello stesso autore, tra cui tre tavole ispirate al cantante Jovanotti & Collettivo Soleluna e al gruppo con Elio e le Storie Tese, eseguite dal fumettista Lelio Bonaccorso. Una tecnica che riflette molto da vicino il collage grafico. Passando alla sala successiva, sono esposti i ritratti di David Byrne e dei Negazione, disegnati dalla mano dell’aretino Luca Ralli. Quest’ultimo sperimentatore della tecnologia applicata al web e al video, da sottolineare per la crescita di questo artista, la proficua collaborazione con lo sceneggiatore ed umorista Stefano Benni. 

venerdì 7 ottobre 2016

**Il Pionta. Vescovi e artisti tra XIII e XV secolo**






In attesa della camminata e della visita di ricognizione dell’intera area di scavo, fissata nella mattina di domenica 9 ottobre 2016 ore 10 e organizzata con la volontà delle associazioni: Academo (Arezzo per la Storia), Slow Food condotta di Arezzo e Val Tiberina e A piede libero; non mi resta che argomentare su quella attività artistica ormai dispersa che alcuni studiosi ritengono essersi sviluppata inizialmente intorno alla fabbrica del Duomo Vecchio.


Già nell'Ottocento seguendo lo spirito e l’onda del revival dell’antichità tre insigni aretini, Giacinto Fossombroni, Giovan Francesco De’ Giudici e l’archeologo Gian Francesco Gamurrini evincono dalle loro ricerche sul territorio, come appariva evidente, durante i secoli, il forte legame tra i poteri locali con l’antico Episcopio. A questo proposito trascrivo uno stralcio dell’articolo di Luciana Borri Cristelli (2005) che riferisce dalle notizie desunte dei due studiosi Fossombroni – De’ Giudici: come, mentre il Capitolo della nuova Cattedrale continuava a mantenere nell’antico sito un cappellano, di “quegli insigni Edifizj” si prendeva cura l’Opera “soggetta al Consiglio della Città”: organismo che nel 1395 elegge quattro cittadini per restaurare la tribuna della primitiva cattedrale, ridotta in pessime condizioni; mentre Vasari genericamente, parla del successivo intervento del Vescovo Gentile de’ Becchi (1473 - 1497) a seguito della rovina della “parte di mezzo di quel tempio” (Edizione Torrentiniana 1550). I due studiosi si servono poi dell’edizione Giuntina scritta dal biografo nel 1568, quando sono alla descrizione della tipologia architettonica, nell'identificazione di due edifici ecclesiali: il primo riconosciuto nell'antica chiesa cattedrale di S. Maria e S. Stefano, l’altro con il tempio, successivamente dedicato a S. Donato, ambedue collegati all'immagine lasciata da Pietro Buonamici nel dipinto della Fraternita dei Laici.

sabato 23 luglio 2016

Una lettura del Colle del Pionta attraverso i manoscritti di epoca medievale



A sx una cartapecora del Messale del Pionta f.62r Biblioteca Apostolica Vaticana.
A dx una cartapecora del manoscritto 363.III.3a Biblioteca della Città di Arezzo.

Il Colle del Pionta o Duomo vecchio sta ad indicare quel fitto e ricco complesso di edifici a carattere cultuale e non, eretti durante i secoli e portati avanti nell’epoca medievale dall’autorità vescovile.
Ad oggi gli scavi sono ripartiti con l’impegno di Mauro Mariottini, presidente dell’associazione Academo, che promuove ed è concessionaria dei lavori, degli archeologi delle varie Università e con il sostegno dei volontari. A tale proposito vorrei riannodare, con alcuni articoli, questo pezzo di storia che negli ultimi secoli è purtroppo rimasto scollegato nella viva memoria cittadina ma che da questo Colle trae le sue origini.

sabato 4 giugno 2016

Riflessioni intorno alla mostra: Piero della Francesca. Indagine su un mito. Forlì






Vale la pena programmare una visita più che approfondita a questa mostra dal titolo “Piero della Francesca. Indagine su un mito”, ancora attiva all'interno dei Musei di San Domenico di Forlì. Una collezione di opere che ci aiutano a comprendere la riscoperta di questo grande artista, caduto nell'oblio per alcuni secoli e poi rivalutato tra Otto e Novecento. Ed è proprio questo il filo conduttore della mostra, che ha come pretesto, quello di indagare la portata della sua opera, attraverso le indicazioni e lo studio di alcuni autorevoli critici della storia dell’arte moderna, fra i quali Bernard Berenson, Adolfo Venturi e in particolare Roberto Longhi. Da apripista alla mostra un’opera pregevole, la scultura marmorea del Busto di Battista Sforza realizzata intorno al 1472 – 1475 dallo scultore Francesco Laurana. Moglie di Federico da Montefeltro, il calco fu probabilmente desunto da un ritratto postumo della donna, morta il 6 luglio 1472. L’opera oltre ad indicare i rapporti stringenti che l’artista ebbe con i duchi di Urbino, ha la funzione di richiamare alla mente del visitatore il Doppio ritratto dei Duchi d’Urbino eseguito da Piero e conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze. Sempre ispirata a Battista Sforza è l’altra opera, il piccolo dipinto di CarloCarrà, esposto poco più avanti: L’amante dell’ingegnere (1921) con il quale l’artista chiuse quell'intensa stagione metafisica insieme a Giorgio De Chirico.

venerdì 22 gennaio 2016

Metafisica e avanguardie, Giorgio de Chirico e l'arte



Fino al 28 febbraio 2016 al Palazzo dei Diamanti di Ferrara si tiene un’interessante mostra su Giorgio de Chirico intitolata Metafisica e Avanguardie. Si tratta di un’esposizione di opere eseguite tra 1915 e il 1919, il cosiddetto periodo metafisico dell’artista, quando il pittore, ritornato da Parigi, soggiornò per un breve tempo a Ferrara. Il percorso espositivo corredato da approfondite didascalie, si snoda attraverso un interessante carteggio tra artisti e poeti, esemplare la corrispondenza con il poeta Guillaume Apollinaire. In effetti de Chirico e non solo, ma anche l’ambiente parigino, crearono vicendevolmente una sorta di osmosi con alcuni personaggi famosi, come le ricerche compiute in quegli anni da Pablo Picasso e dei cubisti, dal critico d’arte e pittore Maurice Raynal o dal mercante d’arte Paul Guillaume, colui che intratteneva affari anche con altri artisti italiani come Amedeo Modigliani. Da quell’esperienza de Chirico ne approfondirà alcuni richiami, sciogliendoli con echi desunti dalla pittura di due grandi artisti: il poeta e pittore Gustave Courbet e dei suoi paesaggi, per il quale nutriva una profonda ammirazione e ancor prima con i testi pittorici ripresi dal tedesco Arnold Böcklin.

giovedì 12 novembre 2015

****La Biennale di Venezia 2015 al fotofinish.**** ***Il Padiglione Italia: come salvarlo dal ridicolo***





Nel primo Forum dell’Arte Contemporanea svoltosi lo scorso settembre a Prato, si è parlato anche della Biennale di Venezia e su come si potrebbe riorganizzare in maniera più efficiente il nostro Padiglione Italia.
Prima però vorrei riassumere brevemente le origini della Biennale. Nata con una delibera dell'Amministrazione comunale del 19 aprile 1893, in cui si propose per l’anno successivo, di "istituire una Esposizione biennale artistica nazionale", che potesse risaltare anche in vista dei festeggiamenti delle nozze d'argento tra il re Umberto e Margherita di Savoia. Dopo vari Consigli, nel 1895 si ebbe l’inaugurazione ufficiale riscuotendo un incredibile successo di pubblico e ben 224.000 furono i visitatori che si recarono nella Laguna e di questi, buona parte in possesso di biglietti speciali ferroviari di andata e ritorno che includevano l'ingresso all'Esposizione…

Nelle biennali seguenti, la Secessione Viennese fu vista come la tendenza artistica del momento, determinando dei rapporti particolarmente privilegiati con l’organizzazione, basta ricordare che proprio in quegli anni fu presentata la Giuditta II di Klimt. La rivincita degli artisti francesi non si fece però attendere e nei maturi anni 20’, il Padiglione francese ospitò retrospettive di Gauguin, Toulouse-Lautrec, Monet, Manet, Degas, Renoir e presentò maestri contemporanei come Matisse (1928), Van Dongen (1930) e Zadkine (1932). La Gran Bretagna organizzò personali di Nicholson, Epstein e Moore, mentre la Germania, prima dell'avvento del nazismo, presentò Marc, Nolde, Klee e gli espressionisti Dix, Hofer, Beckmann, Kirchner e Schmidt-Rottluff.  Nel 1928 fu allestita la mostra sulla Scuola di Parigi con opere di Bissière, Chagall, Ernst e Zadkine. Notevole attenzione venne dedicata agli artisti che in quegli anni risiedevano nella capitale francese. Appels d'Italie fu il titolo che Mario Tozzi scelse per la mostra da lui curata per la Biennale del 1930, un confronto di artisti italiani francesi residenti nella capitale d'oltralpe, mentre Severini nel 1932 presentò proprio una Mostra degli italiani a Parigi, in cui espose, tra le altre opere, I Gladiatori di De Chirico. Con l'avvicinarsi della guerra, il numero di nazioni presenti alla manifestazione diminuì notevolmente, per ridursi a dieci nel 1942, edizione decisamente in tono minore, incentrata su artisti militari. Le due successive edizioni del 1944 e del 1946 non ebbero luogo.

giovedì 22 ottobre 2015

Censurare l’arte contemporanea. Il caso Jeff Koons


Nello scorso articolo segnalai quanto ancora le opere contemporanee italiane siano passibili di censura per problemi religiosi, morali o attinenti ad un codice etico. La notizia che riporto è di qualche settimana fa a proposito di quanto è accaduto all’opera dell’artista Jeff Koons, invidiabile a livello mondiale per fama, talento e ricchezza.
Jeffrey Koons (il suo vero nome) è riconosciuto come il continuatore naturale della Pop Art fondata da Andy Warhol. Gusto Neo Pop misto ad opere altrettanto kitsch legate all’influenza del ready-made di Marcel Duchamp, opere apprezzate da molti potenti americani che ne hanno innalzato le vendite a prezzi stellari, un esempio Hanging Heart, esposta a Venezia a Palazzo Grassi è stata poi venduta ad un’asta da Sotheby’s per 23.561.000 milioni di dollari oppure i 58,4 milioni di dollari per Balloon Dog (Orange) totalizzati nell’asta di Christie’s. Quest’anno Firenze ha così voluto dare omaggio a questo artista, presentando il 25 settembre la mostra intitolata Jeff Koons In Florence promossa dal Comune di Firenze. Un allestimento che vede contrapporsi o quanto meno dialogare opere rinascimentali come l’Ercole e Caco dello scultore Baccio Bandinelli (1493-1560) e contemporanee come Gazing Ball (Barberini Faun) ideato da Koons. L’opera realizzata nel 2013 appartiene ad una serie di calchi in gesso ispirati al periodo greco-romano; in questa del fauno nudo, l’artista ha aggiunto una sfera di colore blu specchiante in posizione precaria, ciò per provocare all’osservatore una sensazione di deviazione dello sguardo, dall’ammirazione per la statuaria classica verso la totalità dello spazio ambientale. Poste entrambe sull’arengario, Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio, l’opera di Koons è stata prontamente coperta da un paravento gigliato durante l’incontro del 6 ottobre tra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e lo sceicco Mohammed Bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario degli Emirati Arabi, colui che ha contribuito al salvataggio della Compagnia aerea Alitalia.

giovedì 8 ottobre 2015

°°°°°°°°°°Forum dell’Arte Contemporanea Prato°°


Forum dell’Arte Contemporanea Prato

Separare la cultura dalla politica: un’urgenza


Nell’ultimo weekend settembrino, il centro storico di Prato si è rivelato luogo di dibattiti e confronti in materia d’arte contemporanea. Al via il primo Forum dell’Arte Contemporanea organizzato dal Museo Pecci, quest’ultimo da poco segnalato come organismo di coordinamento per l’arte contemporanea della Regione Toscana. Tre i luoghi del Forum, al teatro Metastasio dove si è tenuta la presentazione, al Monash University e al palazzo Banci Buonamici sede della Provincia. Curatori, direttori, storici dell’arte, galleristi, artisti e gente comune si sono riuniti a dei tavoli di discussione per moderare, lanciare delle opinioni o comunque riflettere su quanto sta accadendo al mondo dell’arte contemporanea. Le tematiche sono state tra le più variegate e ognuna a mio avviso meriterebbe ulteriori approfondimenti, ma vediamo di fare il punto e parlare un po’ alla volta di quanto si è discusso. Riassumendo le parole del Direttore del Museo Pecci, Fabio Cavallucci, che aveva anche il compito di coordinare i lavori, la prima impressione che ha avuto rientrando da pochi anni dall’estero, è quella senza dubbio che: La nostra Italia si sia trasformata in una sorta di esercito dopo Caporetto, uno senza una gamba, uno senza un braccio, un altro senza un occhio. Nell’arte contemporanea si contano feriti e morti e tutto per la crisi economica e l’assenza di soldi (…). Di certo la presenza degli artisti italiani alle biennali internazionali non è tra le più esaustive, continua il Direttore snocciolando dati alla mano: zero presenze a Istanbul 2014, una a quella di Sidney e di Berlino 2014, nessuna a Manifesta e a San Paolo 2014 ma ben quattro presenze a quella di Venezia e cinque presenze a Istanbul 2015. Tralasciando le ultime due, sembra quasi che il sistema dell’arte internazionale snobbi quella italiana e ciò perché negli anni tutta la struttura non è riuscita, sia ad incentivare il lavoro degli artisti tanto meno a sostenerli nei viaggi oltreoceano perdendo così di credibilità.

 L'IPOCRISIA DEL SISTEMA. "UNA TRAGICOMMEDIA" Ancora una volta ho il piacere di prendere un caffè con la prof.ssa Morra e in q...