Con Madre Terra titolo della mostra che richiama l’omonima opera,
Adriano Maraldi sembra raccogliere metaforicamente il percorso di un’intera
carriera artistica. Sono infatti ben 29 le opere esposte che completano parte del
catalogo antologico per gli anni 1970 – 2015 dal titolo Io sono … come nella vita! Un percorso pittorico e significativo delle
più importanti tematiche, portate avanti e riassunte attraverso gli ultimi
quadri del 2015.
Sempre in discussione con sé stesso e con il mondo che lo circonda, parlare
di Maraldi significa parlare di profondità esistenziale, sperimentatore e
indagatore dell'animo umano si colloca in quel contenitore di artisti degli
anni 70', dove la tendenza di quel periodo si manifestava come passaggio dell'operazione
estetica, dall'area della produzione di oggetti (siano pure i contro-oggetti
Pop) all'area dello spettacolo, inteso come scena della realtà quotidiana del
mondo. La volontà della maggior parte degli artisti, era quindi di coinvolgere
direttamente il pubblico occasionale, in situazioni enigmatiche e sconcertanti,
in cui lo stesso artista era spettatore-attore, pensiamo a Michelangelo Pistoletto
con l'opera I visitatori, dove nei
due specchi riflettenti vi sono le immagini di due sconosciuti. Maraldi è
figlio di quel tempo, attingendo da quel contenitore, mostra di aver assimilato
la lezione dei grandi caposcuola, ne sono un esempio il gruppo di opere
intitolate: Classico moderno (1973) e
Morte d'artista, tra le più
importanti degli anni 1976-77. Negli
anni Ottanta sperimenta la video – art,
in occasione dei suoi collegamenti con l’ambito francese, ne studia i viraggi che
assume il colore per poi riprodurli sulla tela in forma di passaggi a tocchi di
pennellate. Gli oggetti sottoposti sono di uso comune ma che riguardano spesso
il mare, come l’ombrellone, i giocattoli, la sdraio o la palla, oggetti che
fluttuano sulle onde, scarnificati del loro senso comune, adesso sono ripresi
ed elaborati attraverso immagini consequenziali libere. Ed è proprio con questi
oggetti che Maraldi nel reclutarli, gli attribuisce una funzione ben precisa
nell’ambito della sua auto - dialettica che sottopone progressivamente al
pubblico. Quesiti che riguardano in
primis l’ecologia e lo sfruttamento intensivo di alcuni beni comuni e di
cui ne rimane coinvolta una società di massa, sempre più cieca nei riguardi dell’ecosistema.
L’opera La Madre Terra ne diventa
così il simbolo, racchiudendo, nel gesto della fuoriuscita dall’acqua, l’ultimo
disperato grido di allarme, prima di affondare nell’oscurità del mare. Correlate,
sono le opere La moltiplicazione dei
pesci (2015) e Se salviamo la balena
salviamo anche Pinocchio (2005). Quest’ultima, tratta dall’altro tema
esposto in questa mostra e che riguarda Pinocchio, il burattino che per
antonomasia, rappresenta per l’artista la grande favola della vita. Che, se ai
più piccoli è nata per indicare l’innocenza; la grande bugia del Novecento, rivolta
all’artista e a tutti coloro che ne fanno parte, rischia di essere nociva se
non corrono ai ripari. Chiude il corpus di opere, l’acrilico su tela dal titolo
Arrivano dal mare (2015), nel quale
sono raffigurati, gruppi di persone indefinite, giunte sulla terra ferma. Ad
attenderli un destino incerto, una natura oramai capovolta, un’oggetto in
libertà, somigliante ad uno schienale preso imprestito da una sedia anni 60’; camminano
sopra una sabbia dai colori brillanti e ricchi di cromia ma che sembra essere
un deserto. Una scena che si percepisce arida, se non fosse che per il mare
alle spalle, potrebbe essere un grande deserto silenzioso. Quel silenzio che forse l’artista ci esorta ad
ascoltarlo, attraverso l’opportunità
che ciascuno di noi dovrebbe prendersi, nel sedersi ed iniziare a riflettere.
Appunti d'Arte©2011
Barbara Rossi
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