mercoledì 22 giugno 2011

Un caffè con la professoressa Cristina Morra

Qualche giorno fa ho avuto il piacere di intervistare la Prof.ssa Cristina Morra, apprezzata geografa aretina, in occasione del suo libro di prossima uscita.
La fluidità discorsiva con cui mi ha esposto il viaggio mi ha fatto optare in sede di trascrizione, ad inserire poche domande, per una lettura amichevole e di facile comprensione.






Emozioni  visive dalla Birmania di Cristina Morra

Immagini di un viaggio in Myanmar un paese bello e sfortunato


Ma come mai questo titolo emozioni visive dalla Birmania?

E’ un libro di foto, ma non è un itinerario fotografico, ne un testo di filosofia, ne di storia dell’arte ne tantomeno un itinerario turistico, la dice lunga il titolo “Emozioni visive…”, perché lo scopo di questo testo è destare nel pubblico delle sensazioni e delle emozioni guardando le immagini scattate durante il viaggio fatto nel novembre 2009 in questo splendido paese, che definisco bello e sfortunato.
Bello perché, al di là tecnicamente di come siano riuscite le foto, si capisce la bellezza della natura, del paesaggio, dell’umanità soprattutto dei bambini e dei contadini della Birmania, ma si comprende anche la bellezza dell’arte, la bellezza dei templi, la bellezza del contesto in generale, però sfortunato.
Sfortunato perché sappiamo tutti che è sotto una terribile dittatura militare che non molla il potere.
Proprio questo argomento verrà ampiamente discusso nel dibattito che si aprirà alla presentazione del libro con il collega e geografo professor Paolo Sisti. Al di là della sua relazione, parleremo dei tentativi che sono stati fatti per riuscire a sbloccare questa situazione, ad esempio alla popolazione birmana erano state promesse delle libere elezioni per questa primavera, ma sembra che la cosa non sia per niente risolta.
Da questo punto di vista la mancanza di libertà che si respira, e la racconterò nella mia esperienza, si somma al degrado, all’arretratezza tecnologica e alla povertà e quindi ai problemi economici e sociali di questo popolo. Popolazione che equivale numericamente a noi italiani, 55 milioni di abitanti, in un Paese però grande una volta e mezzo l’Italia di cui l’autrice in tredici giorni ha visto circa ¾ del territorio.
Paese dell’Indocina come sappiamo ma anche un Paese, la Birmania con una cultura particolare. Questa è l’altra emozione fortissima. E’ veramente la culla del Buddhismo!
Professoressa Morra, il Buddhismo è nato in India e Siddhārta  Gautama, il Buddha, era indiano.
Certamente, però sappiamo anche che si è andato affermando tantissimo nell’Asia di sud est e nell’Asia orientale e meno nella regione di origine per motivi storici. La Birmania ad esempio è la culla di quel Buddhismo del cosiddetto piccolo veicolo, cioè quello delle origini, quello più legato all’interiorità, al lavoro sulla persona, alla conoscenza del sè. Questa cultura permea la popolazione per cui voi vedete quei bambini e quelle persone che sorridono ma questo aspetto si unisce al tipo di approccio gentile e cordiale che hanno pur sempre discreto, il tutto però stravolto dalla miseria, dalla sporcizia, dal degrado, un Paese dal lato tecnologico almeno novant’anni indietro rispetto all’Italia.
Questo tipo di cultura Buddhista è cosiddetta di coda. E’ noto che in Occidente c’è un desiderio di combattere sia la vita frenetica che facciamo sia la tecnologia fine a se stessa, la mancanza di rapporti umani e quindi il bisogno di arrivare a qualcosa di trascendente ed interiore, e qui parla la professoressa Morra geografa sostenendo che ci sono molte incomprensioni e molte scorrettezze tra come è e come viene interpretata nel mondo occidentale questa grande filosofia di vita ancor più che di religione, intrappolata e distorta da quel modello di filosofia ordinaria che sovente apprendiamo da attori, convegni, mostre ecc.
Il Buddhismo birmano è una scoperta e le emozioni visive sono legate alle innumerevoli statue del Buddha formulate in tutte le pose, alcune delle quali fotografate in questo testo.
Il libro inizia prima con l’esponente che politicamente ha combattuto e continua a combattere con grande dignità per la libertà del paese: la signora Aung San Suu Kyi e passa poi immediatamente a inquadrare questa cultura birmana, però non nel senso solito che si fa con i testi geografici e quindi l’inquadramento del territorio, gli aspetti della natura, gli aspetti della storia, gli aspetti sociali, politici ed economici, ma sempre attraverso le fotografie, con la premessa a due cenni fondamentali: sulla visione Bhuddista della vita e mi sono rifatta ad un grosso personaggio che è Osho e l’aspetto che riguarda la vita del Buddha, della mitologia, delle sue opere, sempre tratte da questi testi, nonché da un intervista condotta da un giornalista americano: Alan Clements alla signora Aung San Suu Kyi
L’obiettivo del libro è che in parole molto semplici l’autrice intende far capire che questa grande filosofia morale tra le più alte che l’uomo abbia potuto concepire, vecchia di 2500 anni, non è una vera e propria religione e non ha una trascendenza. Quindi la possiamo equiparare anche per chi è credente in altre religioni al cattolico praticante o per chi è cristiano come l’autrice. Confrontando tante azioni che l’individuo svolge nella vita pratica: la solidarietà verso i poveri, verso gli oppressi, l’aiuto alle persone deboli, ecc. Egli si trova a collaborare in questo senso con i canoni della filosofia Buddhista, oppure si avvicina al Buddhismo seguendo la strada verso la ricerca di una spiritualità interiore, della conoscenza del sé. Indirizzo molto simile a quello dei nostri asceti medievali, anche se con uno sbocco totalmente diverso, perché a differenza del Cristianesimo, nel Buddhismo non si crede in Dio e non si crede nella vita personale dell’aldilà, ecco proprio qui il Buddhismo è totalmente diverso. Nel Cristianesimo abbiamo un Dio trascendente fuori del cosmo che ha creato il cosmo, anche se il discorso dell’immanenza è talvolta presente, nel Buddhismo non esiste un creatore, non si può nemmeno parlare di immanenza di Dio, perché Dio non viene preso in considerazione. Come il lettore constaterà dalle parole introduttive tratte da Osho, si tende a salvarsi da sé, nel senso che l’uomo è solo e abbandonato. Il contrario del Dio amore dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islamismo del Dio persona che viene a salvare. Nel Buddhismo, al contrario, l’uomo è inteso come isolato e abbandonato, quindi si deve arrangiare per tutto il corso della sua esistenza, fortificandosi nel momento stesso in cui dovrà porre fine all’esistenza materiale. Una volta ottenuto il coraggio necessario, sarà in grado di compiere l’ultimo passaggio verso il nirvana che gli permetterà di ottenere la perfezione spirituale, libera da ogni contaminazione materiale. Nel Buddhismo quindi si ha un ritorno al tutto dove il tutto e il cosmo sono concepiti come il nulla essendo la stessa cosa.
Del resto una visione di questo tipo diventa terribile per chi, come la scrittrice, pur avendo un grande rispetto nei confronti di questa filosofia è di fede cristiana. A questo proposito menziona un grande studioso come il Beato Giovanni Paolo II il quale nel suo libro “ Il cammino della speranza” fa presente queste differenze con tutto il rispetto e l’amicizia che lo lega al Dalai Lama per le varie forme del Buddhismo, sottolineando con estrema tolleranza come le diverse dottrine possono collaborare ed incontrarsi anche sul piano psicologico che psicanalitico. Molti sono i testi che vanno in questa direzione; l’autrice ne cita uno in particolare, quello della redattrice presso il quotidiano napoletano “Il Mattino” Laura Cesarano Jouakim, dal titolo: GESU’, IL BUDDHA E LA LEGGE DELLA VITA. Come prendere il meglio dal buddismo senza smettere di essere cristiani, Edizioni Tracce, Pescara, 2010.
Per inciso la professoressa Morra tende a precisare che, come geografa-antropica ha sempre considerato molto importante il confronto tra le diverse religioni, perché le filosofie che sottendono alle religioni sono quelle che impregnano la concezione della vita e quindi, come dichiarava ai suoi alunni, non è importante essere credenti o non credenti, aderire all’una o all’altra religione, è importante però capire che ci siamo immersi dentro, ed è anche giusto che ogni popolo, prima di conoscere le cose degli altri, approfondisca la propria visione di vita per poi fare una scelta consapevole.
Partendo dalla considerazione che il Buddhismo è una filosofia morale e che in realtà è una religione atea, perdonando il bisticcio della contraddizione dei termini, perché c’è una visione pessimistica di fondo sul destino dell’uomo, eretta dalla visione personalistica e sapendo che Buddha vive nel V secolo a.C. all’autrice preme sottolineare che certamente il Buddhismo ha influito sull’Ebraismo e quindi indirettamente sul Cristianesimo.
Ritornando alla sopracitata Laura Cesarano, è importante evidenziare la volontà della giornalista di mettere a confronto le frasi dei testi di Buddha con le frasi dei quattro Vangeli, e constatare come ci siano stati dei contatti tra le diverse filosofie.
E’evidente, ribadisce la professoressa Morra, che ci siano stati dei contatti nell’antichità tra la filosofia buddista e le visioni filosofiche del Medio Oriente, non solo perché in Afghanistan, grazie ai commerci della via della seta, era arrivato il Buddhismo e i talebani nel 2001 hanno rotto e fatto saltare i Buddha nella valle di Bamiyan (statue di 38 e 53 mt. di altezza scolpite da una setta buddhista nelle pareti di roccia datate ciascuna 1500 e 1800 d.C.),  ma le stesse esortazioni morali le ritroviamo quattro secoli e mezzo prima se confrontiamo i testi del Buddhismo con i Vangeli, troviamo le medesime esortazioni morali che indicano la strada verso la correzione dell’individuo del miglioramento e della conoscenza di se stessi. Concetti e spunti essenziali della filosofia Buddhista sono importanti anche per capire la giusta chiave di lettura delle foto. Se le leggiamo con attenzione vediamo ad esempio che i Buddha si presentano in varie pose, dove ognuna racchiude in se un significato, e che certi atteggiamenti delle persone e delle statue finiscono immancabilmente per intrecciarsi con la meditazione Buddhista. Altre foto documentano come sono stati evidenti, lungo il corso di alcuni secoli, alcuni fattori di contaminazione tra Occidente ed Oriente, tra Cristianesimo e Buddhismo, tra Italia e Birmania. La scrittrice invita il lettore a considerare due foto: il tempio di Bagan eretto nel 1200 d.C., molto affine  in alcune parti alle cattedrali gotiche europee, oppure il soffitto a cassettoni dell’ex palazzo reale dell’ultima capitale Mandalay, paragonando l’intelaiatura lignea nel salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio a Firenze o (secondo l’autrice del blog) a quello della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma fatto eseguire dal cardinale d’Estouteville (1443-83) all’architetto Giuliano da Sangallo (attribuito), in cui ogni elemento è scolpito con dorature a foglia d’oro che, secondo la tradizione, furono realizzate con il primo oro giunto dal Perù e donato dal sovrano spagnolo alla Chiesa.
Quindi, riassumendo certe conoscenze di carattere filosofico e psicologico, il Buddhismo le ha regalate al Medio Oriente ebraico probabilmente veicolando nelle radici dell’Occidente e viceversa. Forse in campo artistico e architettonico l’Occidente ha contribuito a questo scambio grazie a quei rapporti intercorsi con la via della seta a nord della catena Himalayana, e quindi tra il Mediterraneo orientale e l’Estremo Oriente.
Concludendo questa mia ricerca del perché sono stata spinta a pubblicare questo tipo di libro, al di là del messaggio estetico sulla bellezza di questo paese, al fascino culturale che immancabilmente avvolge il turista occidentale, o sulle problematiche attuali in cui vive ancora questa popolazione: il libro vuole essere uno stimolo al lettore affinché prenda coscienza che non andiamo da nessuna parte se non recuperiamo una spiritualità, qualunque essa sia, di qualunque filosofia e di qualunque religione, ma che possa contestare il materialismo consumistico che ci porta alla perdita dei valori e al vuoto assoluto, quest’ultimo il vero grave ateismo dell’Occidente contemporaneo. 
 
© Barbara Rossi 2011



Cristina Morra, Emozioni visive dalla Birmania. Immagini di un viaggio in Myanmar, un paese bello e sfortunato. Letizia Editore, L.P.Grafiche Arezzo, Arezzo, 2011 http://www.letiziaeditore.it/  


Per chi volesse approfondire, l’autrice consiglia alcuni testi utilizzati per comporre questa raccolta.

OSHO, BUDDHA. La vita e gli insegnamenti, Macro Edizioni, Collana Nuova saggezza, Diegaro di Cesena, 2007.

AUNG SAN SUU KYI, in conversazione con ALAN CLEMENTS “La mia BIRMANIA”, Corbaccio, Milano, 2008.


Cristina Morra, laureatasi a Napoli in Economia e Commercio, è una docente a riposo di geografia ambientale, politica ed economica. Autrice di testi scolastici, è stata membro di Commissioni didattiche per la riforma della Scuola Superiore. Nei suoi 26 anni di insegnamento presso l’Istituto Tecnico Michelangelo Buonarroti di Arezzo ha insegnato a più di tremila ragazzi ed oggi il suo maggior desiderio è quello di praticare la “geografia dal vero” attraverso viaggi.  
Attualmente è presidente della Sezione aretina dell’A.I.I.G. (Associazione Italiana Insegnanti di Geografia) inoltre offre la sua collaborazione presso l’Università statale di Firenze e l’Università dell’Età Libera di Arezzo.

Tra le sue pubblicazioni ricordo: Globalizzati, ma liberi e sviluppati? (2006); Uno sguardo su Arezzo e il suo centro storico. Per uno "slow tourism"... (2007).










 

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