domenica 30 ottobre 2011

Appunti per la Pala di Giorgio Vasari alla SS.Annunziata

  Oggi alle 17.00 sarò davanti alla Deposizione di Giorgio Vasari, cercando di dare una lettura della tavola quanto più tecnica possibile. Preparandoci al Natale vi omaggio in anticipo di questa mia ricerca... 

Giorgio Vasari
(Arezzo 1511 - Firenze 1574)

Deposizione dalla Croce 1538

Olio su tavola, cm. 327 x 197
Arezzo, chiesa della Santissima Annunziata

Nel libro delle Ricordanze si legge: "Ricordo come a di 3 di Gennaio 1535 la Compagnia del Corpo di Cristo d'Arezzo et per lei da Antonio di Pietro Sinigardi, priore di detta compagnia, et ser Antonio di Mariotto Gialli et maestro Niccolò di Jacopo Soggi et Dionigi di Fabbiano Sassoli, diputati dal capo della compagnia per allogarmi a dipignere una tavola a olio, drentovi la dipositione della croce del Nostro Signore per prezzo di scudi 130 di grossi 7 soldi 1 per uno scudo. Come per pubblico strumento di mano di Ser Francesco di Messer Bernardino Flori meglio si può vedere quell'atione ci[o]è scudi 130....".
 Dal documento in nostro possesso si ricava che la tavola (fig.1) doveva essere posta dalla Compagnia del Corpo di Cristo sull'altare della cappella coincidente con quello principale di San Domenico ad Arezzo; tale Compagnia era solita riunirsi in locali appartenenti al complesso conventuale domenicano, nei pressi del quale, di lì a qualche anno (1541), Vasari comprerà una casa situata nel Borgo San Vito così come quelle contigue del Fondaccio e delle Paniere nel popolo di San Lorentino, edifici che quasi si affacciano sulla piazza antistante la chiesa di S. Domenico.
 La decisione di allogare la tavola al giovane pittore fu presa dai confratelli il 7 novembre del 1535. Il 3 gennaio del '36 si definì il contratto e si stabilì il prezzo della tavola in 130 scudi, accettando l'invenzione che Giorgio proponeva in un disegno, poi sottoposto all'esame dei componenti, "Cu-historia e figuris ne de vulgariter".
 Allo scadere dei due anni concessi per l'esecuzione dell'opera, il 3 gennaio del 1538 i confratelli si riunirono e decisero di dare a Vasari una dilazione a patto che egli a sue spese fornisse anche la cornice, di cui si era rifiutato di farsi carico nell'iniziale clausola di contratto.
 Il rallentamento del lavoro e la successiva proroga del contratto si collega al periodo in cui l'artista ventiquattrenne lavorava al servizio del duca Alessandro e impegnato contestualmente nella realizzazione di parte degli apparati per il solenne ingresso in Firenze dell'imperatore Carlo V d'Asburgo.
 Pressato dall'entità del lavoro, dalla ristrettezza dei tempi e dal boicottaggio degli artefici fiorentini, invidiosi della stretta relazione che aveva con il Duca, Vasari si risolse di chiedere aiuto ad alcuni artisti aretini quali: Raffaellino del Colle, Cristofano Gherardi detto il Doceno e Stefano Veltroni del Monte San Savino suo cugino.
 Dalla stipula inoltre si evince che Vasari non era ancora famoso tanto che viene indicato nel testo solo con il patronimico e la cittadinanza.
 Il dipinto è inoltre citato da Vasari anche in una famosa lettera diretta allo zio Antonio, scritta il 9 o il 10 gennaio 1537, subito dopo l'assassinio del duca Alessandro e lo descrive lungamente in un'altra nel febbraio dello stesso anno indirizzata al medico aretino e amico Baccio Rontini.

 La lettera oltre a porre l'accento sullo spirito malinconico e inquieto per l'accaduto al giovane Vasari:

"Mi sono serrato in una stanza per abbozzare una tavola, che và qui in Arezzo nella chiesa de frati predicatori, che la fanno fare gl'huomini della compagnia del Corpus Domini per metterla sul'altare maggiore. Io da che mi partij da voi, sono per la morte del mio duca in tanta malinconia, che sono stato et sono per girare col cervello; et lo dimostrerrà quest'opera (...)

 E' interessante perchè fa luce sulla fitta corrispondenza che entrambi intrattenevano, soprattutto sugli studi di anatomia che il giovane Vasari conduceva all'epoca, proprio in una lettera si viene a conoscenza che il biografo dichiarava di avere disegnato a Baccio alcune tavole anatomiche oggi perdute. 

 L'opera, è firmata "Georg...Vasarius Areti...Faciebat" sulla fascia che attraversa la schiena della pia donna in basso a destra, e fu trasferita presso la Santissima Annunziata a seguito delle soppressioni, leopoldine tra il 1796 e il 1797. Comunque non oltre il 1838 data in cui è citata all'interno della guida aretina di Oreste Brizzi.

Già nel '32 Vasari, quando ancora era agli esordi della sua carriera, si era cimentato in una simile composizione con il Cristo portato al sepolcro (fig.2), per Ippolito de' Medici.

 Quest'ultima esposta al museo di Casa Vasari di Arezzo, se la colleghiamo al dipinto della SS. Annunziata non possiamo fare a meno di constatare come siano fortemente ispirate ad un altro dipinto ossia: il Compianto sul Cristo deposto (fig.3), di simile soggetto, eseguito da Rosso Fiorentino nel 1528, per la chiesa di San Lorenzo a Sansepolcro.
                                                                                                                           
                                                                                                                                           3
















                                                                                                       
In particolare se nell'opera giovanile di Casa Vasari sono ancora evidenti nel giovane Vasari i forti debiti con Rosso Fiorentino, Baccio Bandinelli e la xilografia di Albrecht Dürer: ad esempio nel colore corposo o nel forte cangiantismo delle vesti, qui l'artista, pur rimanendo fedele all'impostazione compositiva del Rosso, tenta di affrancarsi alla ricerca di uno stile libero e personale.

Non può però fare a meno di imitare il suggestivo controluce dovuto all'eclisse, il più eccezionale angoscioso fenomeno della natura, capace di sconvolgere il normale alternarsi del giorno e della notte, la tragicità dell'evento che si è appena compiuto. Descritto con tanta ammirazione nella Vita dell'artista:
                                                                       

"perchè il Deposto che vi è di croce è cosa molto rara e bella, per avere osservato ne' colori un certo che tenebroso per l'eclisse che fu nella morte di Cristo, e per essere stata lavorata con grandissima diligenza".


 1
Lo stretto riferimento al dipinto citato del Rosso appare evidente nel Cristo riverso dalle carni livide e nelle figure delle pie donne che sostengono la Madonna svenuta: giovani donne dalle raffinate pettinature e con le vesti dai colori luminosi.

 Si noti soprattutto la figura inginocchiata di profilo a destra con la veste azzurra tesa sulle spalle e aderentissima, com'è tipico del Rosso. Il volto contratto e urlante che appare al di sopra della Madonna, è un chiaro riferimento leonardesco, probabilmente ripreso da un disegno del Rosso dal perduto cartone della Battaglia d'Anghiari.
 Se ci spostiamo ad esso sul contenuto trattato è significativo il fatto che in questo periodo fiorirono tante opere riguardanti un tema come quello della morte di Cristo. Vasari ne dipinge almeno tre se includiamo la Deposizione del 1540 a Camaldoli per la chiesa dei santi Donato e Ilariano. Sicuramente rimase coinvolto dalla ricerca spirituale dell'amico Rosso, il quale nelle sue pitture espresse pensieri intorno al mistero della redenzione, rimanendo quest'ultimo oltremodo turbato da opere scritte da figure di rilievo e che lo separavano da lui da uno scarto di una trentina di anni.  

A questo proposito cito Girolamo Savonarola che consigliava la preghiera mentale, perché “orare con la mente è tutto angelico”, ma, soprattutto, l’uomo “debbe sforzarsi di stare, quanto più può, in contemplazione, maxima della vita e passione di Cristo, immaginandosi quelle cose come se fossimo presenti”.
 Anche il frate dunque raccomandava, come suprema immaginazione volta al bene, la passione di Cristo, dedicando a questa altre prediche colme di parole capaci di stimolare la fantasia a immagini buone, pietose e dolcissime, immagini che, crediamo, anche il Rosso ebbe presenti nel dipingere le tavole con la morte di Gesù. Infine anche gli umanisti Giovanni Pico della Mirandola e il nipote Giovanfrancesco potrebbero aver aiutato e ispirato Rosso Fiorentino nelle sue riflessioni. Fu proprio Giovanfrancesco (contemporaneo dell'artista) ad aver dato alle stampe due trattati: il De imaginatione e il De morte Christi nei quali descriveva con rigorosa lucidità il timore che deriva dalla considerazione della morte, e il conforto che scaturisce dalla meditazione sulla morte di Cristo.
 Per questa tavola sono stati individuati due disegni preparatori: uno al Gabinetto dei Disegni e Stampe degli Uffizi (Inv.1214 E) espunto da Annamaria Petrioli Tofani (1981) dal corpus dei disegni di scuola michelangiolesca e il secondo individuato nel Connecticut e precisamente a Hartford, al Wadsworth Museum Atheneum (n.1951. 225c) da Paola Barocchi. 

 Di particolare interesse si rivela il disegno della collezione americana per comprendere il "modus operandi" del giovane Vasari: l'artista se n'è servito per studiare l'elaborato assetto compositivo, riducendo le figure a manichini ignudi, che rimandano ai modi di Pontormo (vedi la tavola con il San Quintino 1515-18 conservata al museo civico di San Sepolcro), soprattutto nell'intelaiatura compositiva sciolta e ritmata con sapiente equilibrio nell'acuta stilizzazione delle figure allungate. Si nota anche un segno a penna secco e tagliente, che ricorda i fogli dello scultore e amico Baccio Bandinelli.

 Si osservano infine alcune varianti rispetto alla redazione finale, fra le quali spicca la diversa concezione del gruppo di destra con figure in piedi e in atto di sorreggere la Vergine svenuta dal dolore, come nella Deposizione rossesca di Borgo, mentre un giovane San Giovanni evangelista si rivolge disperato, con le mani giunte in preghiera, verso il riguardante. Il disegno contestato soltanto da Catherine Monbeig Goguel, che nel 1972 lo ha negato al nostro artista per ragioni di lettura stilistica è accolto come appartenente al Vasari da tutta la critica successiva.

 In effetti rimangono palesi certe incongruenze stilistiche ma che secondo la scrivente non da determinarne l'effettiva origine del disegno. Comunque resta di fatto che nonostante la determinazione e la volontà di Vasari nel condurre di maniera il dipinto, la fattura nell'insieme rimane ancora un po' grossolana e nel complesso acerba, ad esempio nel piegheggiare rigido e impacciato delle vesti.

 Va anche sottolineato che le gravi lacune, così estese in zone vitali come sul lato in alto, anche se abbassate di tono per renderle meno disturbanti, influiscono negativamente sulla valutazione del dipinto, la cui unità compositiva ne risulta irrimediabilmente compromessa.
 Non vi mancano tuttavia particolari piacevoli, anche di notevole valore pittorico, come il paesaggio nettissimo controluce all'orizzonte o quel ritratto inserito quasi a forza sulla sinistra accanto alla testa del soldato, che per i capelli rossi e una vaga somiglianza con il ritratto inciso nelle vite si potrebbe supporre quello del Rosso Fiorentino

© Barbara Rossi

                                                                                                                          a Billy




Per le fonti bibliografiche ho consultato:

G. Vasari, Le vite de'più eccellenti pittori, scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e del 1568, a cura di R. Bettarini, P. Barocchi, 6 voll., Firenze 1966-1987
O. Brizzi, Guida di Arezzo, Arezzo, 1838
K. Frey, Der Literarische Nachlass Giorgio Vasaris, Müller,München, 1930    
P. Barocchi, Vasari Pittore, Club del Libro, Barbèra editore, Milano, 1964
A.M. Petrioli Tofani, Due nuovi disegni del Vasari agli Uffizi sta in Giorgio Vasari tra decorazione ambientale e storiografia artistica, Olschki, Firenze, 1985
L. Corti, Vasari. Catalogo completo dei dipinti, Firenze, 1989
La Toscana nel '500. Giorgio Vasari. Principi, letterati e artisti nelle carte di Giorgio Vasari, Arezzo, 1982
Dal  Rosso a Santi di Tito: la Maniera moderna nell'aretino, Marsilio,Venezia, 1994
Pontormo e Rosso. La maniera moderna in Toscana 1494 -1994, Marsilio, Venezia,1996
N. Baldini, Niccolò Soggi, Firenze, 1997       
N. Lepri - A. Palesati, Fuori dalla Corte. Documenti per la biografia vasariana, Le Balze, Montepulciano, 2003
Arte in terra d'Arezzo: il Cinquecento, Edifir, Firenze, 2004
Lucia Tongiorgi Tomasi, http://www.unipi.it/athenet/32/art_2.htm, numero 32, dicembre 2010
Le opere di Giorgio Vasari in Arezzo e provincia, Skira, Milano, 2011
Giorgio Vasari. Disegnatore e Pittore "Istudio, diligenza et amorevole fatica", Skira, Milano, 2011




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