DAL 23 OTTOBRE AL 4 NOVEMBRE 2016
Arianna e il Minotauro
Figura
predominante del suo pensiero è la donna, di cui cerca di sviscerarne i reconditi
significati espressivi. Poste sempre in primo piano, in gruppo o in solitudine,
si collocano su di uno scenario paesaggistico, utilizzato come se fosse una Quinta
teatrale e permeato da un’atmosfera silente e atemporale, dal sapore metafisico
ed in perfetta sintonia con i suoi personaggi.
Le
opere di De Luca non sono di immediata comprensione e questo le rende ancora
più stimolanti, all'osservatore è richiesta un’esplicita capacità di astrazione
momentanea, per calarsi individualmente nell'ascolto dell’assoluto. Solo così
possiamo comprenderne la poetica e il senso di ogni singolo scenario, raffigurato
in gruppi femminili apparentemente accomunati ma che volgendo lo sguardo verso
l’altrove, restano autonomamente solide in attesa di risposte. De Luca mostra e
offre una chiave di lettura e allo stesso tempo cerca un dialogo immaginifico
comunicando i dubbi, le incertezze, le suggestioni che la vita terrena ci offre
ad ognuno di noi. Lui stesso riferisce come:
“L’anima dei protagonisti dei miei quadri è il soffio vitale che pervade ogni
essere umano, donandogli la capacità di avere coscienza di sé e degli altri qui
ed ora, nel mondo materiale e mortale che noi tutti conosciamo. Quella
coscienza consente di provare nei confronti dei propri simili il sentimento di
pietas che costituisce – a mio modo di vedere – la natura più intima
dell’essere umano. Quel sentimento è, infatti, l’unica risposta che ho saputo
trovare alla continua nostra ricerca di significato. In questo senso i miei
quadri che pure non si possono definire religiosi, hanno comunque una forte
valenza spirituale. Ciò che ci rende “esseri umani” non è ciò che facciamo o
ciò che possediamo, ma è, invece, quel sentimento di accorata ed a volte
dolorosa partecipazione che in maniera più o meno forte proviamo nei confronti
dell’esistenza nostra e dei nostri simili”. Il corpus di opere è raccolto
in gruppi denominato Anime: le Anime
salve, di chi per scelta o per necessità ha saputo conquistare, un certo
grado di consapevolezza quanto meno di sé, se non che degli altri. Le Anime ritrovate, di coloro che hanno
faticosamente attraversato la vita per comprendere, infine, che l’incontro con
il proprio io interiore o con l’io più vero ed intimo dei propri simili,
costituisce la chiave per accedere alla serenità ed al significato pieno
dell’esistenza. Le Anime sconfitte, di
coloro che sono stati severamente feriti dalla vita o da altri esseri umani che
– non avendo coscienza o ignorando volutamente l’esistenza della propria anima
e di quella altrui – non pongono alcun freno alle proprie distruttive azioni.
Le Anime incantatrici, si tratta di
quegli individui che raramente incontriamo, ma che in un solo attimo sanno
donarci uno sprazzo di felicità attraverso l’incanto della loro lievità, gioia
e semplicità. Le Anime rivelate, aspiranti
alla salvezza, attraverso il gesto e la quotidiana pratica del rivelarsi agli
altri.
Quesiti
che avvolgono l’essere umano e che attraverso la percezione dell’artista, si
mostra inquieto difronte ai cambiamenti epocali. Con delicatezza l’artista, introduce
un problema quasi costante elaborato nelle sue opere, il richiamo alla vita di
senso, fatta di sentimenti ed emozioni a cui si riallaccia l’amore campestre
per la terra che solo trascendentalità della donna, custode della vita e della
sapienza ha la sua origine. Madri o Veneri, la figura femminile simbolo della
natura nei suoi aspetti positivi e negativi, dalla connotazione fortemente
ambivalente, già in epoca remota, nella società primitiva, fu idealizzata e
trasfigurata verso una dimensione ultraterrena. Benevola e terrifica, signora
di vita e di morte, secondo Carl Gustav Jung è proprio la Grande Madre a
rientrare nella simbologia più vasta e peculiare dell'archetipo femminile e
riannodata dall'artista. La cui supremazia dal neolitico perdura per millenni e
col passare del tempo e lo spostamento dei popoli assunse diverse
personificazioni. Sempre dalle parole dello psicanalista: “la magica autorità del femminile, la saggezza e l'elevatezza spirituale
che trascende i limiti dell'intelletto; ciò che è benevolo, protettivo,
tollerante; ciò che favorisce la crescita, la fecondità, la nutrizione; i
luoghi della magica trasformazione, della rinascita; l'istinto o l'impulso
soccorrevole; ciò che è segreto, occulto, tenebroso; l'abisso, il mondo dei
morti; ciò che divora, seduce, intossica; ciò che genera angoscia,
l'ineluttabile”. De Luca si avvicina alla leggenda recuperando proprio
dalla mitologia quella ricerca della donna, della bellezza e dell’amore, la
saggezza e l’elevatezza spirituale che trascende i limiti dell’intelletto, ognuna
alla ricerca della verità. Euridice, Eco, Arianna, Andromeda, Artemide,
Afrodite, Psiche, rappresentazioni della coscienza matriarcale che è parte
fondante della civiltà occidentale. Eroine del bene e del male campite in un
corpus di opere con la tecnica del “finto” affresco a partire da uno strato di
cemento steso sulla tela di juta sabbiata. Il procedimento che si predispone come
per l’intonaco, risulta così pronto ad essere impresso dal tracciato
disegnativo, per poi passare all'aggiunta dei pigmenti a colori naturali ed
olio, stesi quasi sempre in maniera non uniforme.
Con
questo tipo di opere chiamate “cementi”, De Luca completa quel passaggio di
studio e assimilazione raggiungendo alti livelli non solo di espressività pittorica
ma anche dal punto di vista della sua complessità formale; giungendo a quella
maturità tale, atta ad esperire un linguaggio nelle immagini ancora più potente,
sollecitato in questo caso, anche dalla rievocazione dei grandi racconti mitologici
dell’antichità classica.
Appunti d'Arte © 2011 Barbara Rossi
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