Prorogata fino al 30
settembre 2017, la mostra intitolata Il
buon secolo della pittura senese, uno stimolante itinerario artistico che
si snoda tra Montepulciano, all’interno del Museo Civico, Pinacoteca Crociani, con
opere di Domenico Beccafumi. A San Quirico d’Orcia con la mostra dal titolo: Riflessi della pittura senese negli ultimi
decenni della Repubblica, presso il Palazzo Chigi Zondadari, visibili opere
di Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma e di Bartolomeo Neroni in arte Riccio;
ed infine a Pienza, al Conservatorio San Carlo Borromeo, con l’esposizione dei dipinti
di Francesco Rustici detto il Rustichino,
caravaggesco gentile. Un lasso di
tempo utile per riannodare i trascorsi della pittura senese; che si estende
dagli inizi del Cinquecento, attraverso gli esordi della maniera moderna senese,
con l’attività del giovane Beccafumi, lungo il cammino segnato dalla caduta
della Repubblica (1530) e dalla Controriforma (1545 – 1563) con le opere del
Sodoma; fino a comprendere quegli artisti, come il Rustici, che si seppero
aprire alle novità di metà Seicento, apportate dal naturalismo di Michelangelo
Merisi da Caravaggio.
Iniziando dalla mostra alla Pinacoteca Crociani, a cui dedico il primo
articolo; la sezione si occupa di illustrare la nuova attribuzione, fissata
agli anni giovanili del Beccafumi (1507), quando sotto il profilo politico,
Siena attraversava la “signoria breve” di Pandolfo Petrucci, poi estintasi nel
1512, con la scomparsa del “magnifico”. Proprio nelle carte rinvenute dallo
storico Andrea Giorgi, all’interno dell’archivio comunale, si ha la prima
attestazione di un allogagione a Domenico da parte del Comune. L’opera in
questione ritraente la S. Agnese Segni,
corrisponderebbe così alla prima testimonianza dell’attività del pittore in
terra senese, confutando inoltre, le puntuali notizie lasciate nelle Vite da Giorgio Vasari. Allorché il
biografo aretino, riferisce, con dovizia di particolari, il periodo in cui il
giovane pittore fu preso in casa dal senese Lorenzo Beccafumi, allora podestà
di Montepulciano. Nobilitando così il ragazzo attraverso la trasmissione del
proprio cognome.
Interessanti il gruppo di opere con: Madonna col Bambino, Venere
distesa con due amorini, Madonna col
Bambino e San Giovannino, espressioni del viaggio a Roma di Beccafumi, attestato
da Vasari al 1510. Proprio nell’urbe l’artista avrebbe avuto occasione di aggiornarsi
sulle grandi novità romane. Sicuramente rimase affascinato dalle opere vaticane,
lasciate da Raffaello e forse da Michelangelo, così come il nascente cantiere
della villa di Agostino Chigi alla Lungara (da segnalare l’affresco lasciato da
Raffaello con il Trionfo di Galatea),
diretto dal concittadino Baldassare Peruzzi e dove si alternarono artisti come Sebastiano
del Piombo e Sodoma per gli impianti decorativi.
Un Beccafumi insomma che recepì l’arrivo della più alta espressione
pittorica di primo Rinascimento, messa a punto, e solo per un breve istante artistico,
da Raffaello. Destinata poi, negli anni successivi ad essere scardinata
dall’eccentricità del manierismo fiorentino di Pontormo e Rosso Fiorentino e inseguito
rivalutato, secondo altri canoni, nelle opere di Perin del Vaga, Giulio Romano
e Sebastiano del Piombo come dimostrano i lavori alla Città eterna.
Di ritorno dal viaggio il Beccafumi poté allacciare nuovi contatti con
i maestri attivi tra Siena e Firenze, tra i quali sono presenti in questa
mostra: l’urbinate Girolamo Genga con Madonna
col Bambino e San Giovannino, il fiorentino fra’ Bartolomeo con la tavola Riposo dalla fuga in Egitto e Andrea
Brescianino con la tavola della Madonna
col Bambino e i Santi Giovanni Battista e Girolamo. Si riscontra, in quasi
tutte le opere dei pittori, sia nell’uso del colore che nell’impostazione delle
figure, la significativa lezione lasciata da Leonardo e da Raffaello,
soprattutto negli anni della loro permanenza a Firenze.
Una curiosità è la sezione dedicata ai cataletti, dei veri e propri
letti funebri con i quali si trasportavano le salme dei defunti dalla chiesa
fino al cimitero: a Siena e nel suo territorio incontrò larga fortuna l’impiego
di cataletti dipinti, recanti alle estremità due tavole con raffigurazioni di
carattere sacro. Il cataletto della Compagnia dei Santi Niccolò e Lucia rimase
in uso fino al 1624, anno in cui venne donato dalla stessa Compagnia a
Ferdinando II Granduca di Toscana: da quel momento si perdono le tracce delle
singole testate di cui una soltanto, quella raffigurante “Santa Lucia”.
Quest’ultima commissionata a Domenico Beccafumi nel 1521, testimonia ancora
oggi l’altissima qualità esecutiva che doveva caratterizzare l’oggetto,
raffigurazione che continuerà, nel corso dei secoli, attraverso le decorazioni
floreali disegnate alle testate dei letti.
Un’ idea, questa delle tre mostre, a parer mio illuminante, promossa
dalla Fondazione Musei Senesi con la collaborazione con l’Università degli
Studi di Siena, Dipartimento Scienze Storiche e dei Beni Culturali e in
sinergia con il Polo Museale Toscano e la Soprintendenza Archeologia, Belle
Arti e Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo diretto da Laura Martini.
Link
utile ilbuonsecolodellapitturasenese.
Per chi invece volesse approfondire il mio articolo: Domenico Beccafumi e Agnolo Bronzino due artisti della maniera a
confronto https://appuntidarte.blogspot.it/search/label/Appunti
Appunti d'Arte©2011 Barbara Rossi
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