mercoledì 12 luglio 2017

Il buon secolo della pittura senese. Dalla maniera moderna al lume caravaggesco.





Prorogata fino al 30 settembre 2017, la mostra intitolata Il buon secolo della pittura senese, uno stimolante itinerario artistico che si snoda tra Montepulciano, all’interno del Museo Civico, Pinacoteca Crociani, con opere di Domenico Beccafumi. A San Quirico d’Orcia con la mostra dal titolo: Riflessi della pittura senese negli ultimi decenni della Repubblica, presso il Palazzo Chigi Zondadari, visibili opere di Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma e di Bartolomeo Neroni in arte Riccio; ed infine a Pienza, al Conservatorio San Carlo Borromeo, con l’esposizione dei dipinti di Francesco Rustici detto il Rustichino, caravaggesco gentile. Un lasso di tempo utile per riannodare i trascorsi della pittura senese; che si estende dagli inizi del Cinquecento, attraverso gli esordi della maniera moderna senese, con l’attività del giovane Beccafumi, lungo il cammino segnato dalla caduta della Repubblica (1530) e dalla Controriforma (1545 – 1563) con le opere del Sodoma; fino a comprendere quegli artisti, come il Rustici, che si seppero aprire alle novità di metà Seicento, apportate dal naturalismo di Michelangelo Merisi da Caravaggio.

Iniziando dalla mostra alla Pinacoteca Crociani, a cui dedico il primo articolo; la sezione si occupa di illustrare la nuova attribuzione, fissata agli anni giovanili del Beccafumi (1507), quando sotto il profilo politico, Siena attraversava la “signoria breve” di Pandolfo Petrucci, poi estintasi nel 1512, con la scomparsa del “magnifico”. Proprio nelle carte rinvenute dallo storico Andrea Giorgi, all’interno dell’archivio comunale, si ha la prima attestazione di un allogagione a Domenico da parte del Comune. L’opera in questione ritraente la S. Agnese Segni, corrisponderebbe così alla prima testimonianza dell’attività del pittore in terra senese, confutando inoltre, le puntuali notizie lasciate nelle Vite da Giorgio Vasari. Allorché il biografo aretino, riferisce, con dovizia di particolari, il periodo in cui il giovane pittore fu preso in casa dal senese Lorenzo Beccafumi, allora podestà di Montepulciano. Nobilitando così il ragazzo attraverso la trasmissione del proprio cognome.
Interessanti il gruppo di opere con: Madonna col Bambino, Venere distesa con due amorini, Madonna col Bambino e San Giovannino, espressioni del viaggio a Roma di Beccafumi, attestato da Vasari al 1510. Proprio nell’urbe l’artista avrebbe avuto occasione di aggiornarsi sulle grandi novità romane. Sicuramente rimase affascinato dalle opere vaticane, lasciate da Raffaello e forse da Michelangelo, così come il nascente cantiere della villa di Agostino Chigi alla Lungara (da segnalare l’affresco lasciato da Raffaello con il Trionfo di Galatea), diretto dal concittadino Baldassare Peruzzi e dove si alternarono artisti come Sebastiano del Piombo e Sodoma per gli impianti decorativi.
Un Beccafumi insomma che recepì l’arrivo della più alta espressione pittorica di primo Rinascimento, messa a punto, e solo per un breve istante artistico, da Raffaello. Destinata poi, negli anni successivi ad essere scardinata dall’eccentricità del manierismo fiorentino di Pontormo e Rosso Fiorentino e inseguito rivalutato, secondo altri canoni, nelle opere di Perin del Vaga, Giulio Romano e Sebastiano del Piombo come dimostrano i lavori alla Città eterna.
Di ritorno dal viaggio il Beccafumi poté allacciare nuovi contatti con i maestri attivi tra Siena e Firenze, tra i quali sono presenti in questa mostra: l’urbinate Girolamo Genga con Madonna col Bambino e San Giovannino, il fiorentino fra’ Bartolomeo con la tavola Riposo dalla fuga in Egitto e Andrea Brescianino con la tavola della Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Battista e Girolamo. Si riscontra, in quasi tutte le opere dei pittori, sia nell’uso del colore che nell’impostazione delle figure, la significativa lezione lasciata da Leonardo e da Raffaello, soprattutto negli anni della loro permanenza a Firenze.
Una curiosità è la sezione dedicata ai cataletti, dei veri e propri letti funebri con i quali si trasportavano le salme dei defunti dalla chiesa fino al cimitero: a Siena e nel suo territorio incontrò larga fortuna l’impiego di cataletti dipinti, recanti alle estremità due tavole con raffigurazioni di carattere sacro. Il cataletto della Compagnia dei Santi Niccolò e Lucia rimase in uso fino al 1624, anno in cui venne donato dalla stessa Compagnia a Ferdinando II Granduca di Toscana: da quel momento si perdono le tracce delle singole testate di cui una soltanto, quella raffigurante “Santa Lucia”. Quest’ultima commissionata a Domenico Beccafumi nel 1521, testimonia ancora oggi l’altissima qualità esecutiva che doveva caratterizzare l’oggetto, raffigurazione che continuerà, nel corso dei secoli, attraverso le decorazioni floreali disegnate alle testate dei letti.

Un’ idea, questa delle tre mostre, a parer mio illuminante, promossa dalla Fondazione Musei Senesi con la collaborazione con l’Università degli Studi di Siena, Dipartimento Scienze Storiche e dei Beni Culturali e in sinergia con il Polo Museale Toscano e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo diretto da Laura Martini. 
Per chi invece volesse approfondire il mio articolo: Domenico Beccafumi e Agnolo Bronzino due artisti della maniera a confronto  https://appuntidarte.blogspot.it/search/label/Appunti

Appunti d'Arte©2011 Barbara Rossi

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