Estratto dal libro: “Il cibo
dell’uomo” (2015) di Franco Berrino, medico, patologo, epidemiologo,
presidente dell’associazione “La Grande Via”, già direttore del Dipartimento di
Medicina Preventiva e Predittiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano,
ha promosso lo sviluppo dei registri tumori in Italia e in Europa, grandi studi
per indagare il rapporto fra stile alimentare, livelli ormonali e successiva
incidenza del cancro e sperimentazioni sullo stile di vita per prevenire
l’incidenza del cancro al seno e delle sue recidive (progetti DIANA).
Nella medicina tradizionale cinese le
carni sono considerate gli alimenti tonificanti per eccellenza, tonificano il
Qi e nutrono il sangue, sono considerate particolarmente efficaci in chi ha
malattie debilitanti, ma devono essere assunte con moderazione perché essendo
toniche creano facilmente eccessi, stasi; una persona sana dovrebbe assumerne
solo saltuariamente.
Anche nella nostra tradizione medica
le carni erano raccomandate, in tempi in cui il loro consumo era eccezionale
(praticamente fino alla metà del secolo scorso), a chi doveva superare una
malattia. Poi, nella seconda metà del secolo, il consumo di carne è cresciuto
fino a minacciare seriamente la salute dell’uomo e del pianeta.
A fine ottobre del 2015 l’Agenzia
Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità annuncia di aver classificato il consumo di carni rosse come
probabilmente cancerogeno per l’uomo.
La notizia è stata presa molto male
in ambienti economici, sanitari e giornalistici. I titoli in prima pagina
riflettono ignoranza e conflitti di interesse.
· La Stampa: “Carne rossa e insaccati, l’allarme
dell’OMS”.
In realtà
l’OMS non lancia nessun allarme: la IARC da 40 anni convoca gruppi di lavoro
costituiti da esperti indipendenti (epidemiologi, tossicologici, chimici,
cancerologi sperimentali) per valutare se specifiche sostanze o virus o
prodotti industriali provocano il cancro nell’uomo e pubblica le valutazioni
nelle “Monografie sul rischio cancerogeno per l’uomo delle sostanze chimiche”.
La scelta delle sostanze da valutare dipende dalla disponibilità di studi.
Avendo valutato che erano disponibili studi scientifici per una valutazione, la
IARC ha deciso di includere le carni rosse e le carni lavorate nel programma
delle monografie. Che le carni rosse fossero associate a un maggior rischio di
cancro era cosa ben nota a medici, istituzioni sanitarie, e anche ai
giornalisti e ai cittadini attenti. Chi si è allarmato è solo chi si è reso
conto che non si può più fare finta di niente.
· La Repubblica: “L’OMS lancia l’allarme cancro”, e
poi in seconda pagina: “La guerra dell’OMS a salsicce e salumi, provocano il
cancro come le sigarette, gli oncologi frenano”.
· Il Corriere: “L’allarme sulla carne che divide
gli oncologi”.
Questi titoli ricordano quelli che anni fa accompagnavano gli
articoli sul tabacco: “controversie sul rischio da sigarette”. All’industria
non interessa negare, sarebbe controproducente negare l’evidenza, all’industria
interessa insinuare che ci sono pareri contrastanti anche fra gli scienziati e
gli esperti, in modo che il lettore non competente possa scegliere dove stare,
e in genere si sceglie dove fa più comodo.
· Il Giornale: “Carne e salami cancerogeni: così
la bufala è servita”.
Qualunque cosa contenga l’articolo
con questo titolo è un contributo alla confusione che favorisce l’industria più
deteriore. Un titolo giusto avrebbe potuto essere: “L’OMS conferma che il
consumo di salumi e di carni rosse aumenta il rischio di cancro. Non si tratta
di informazione nuova, ma l’autorevolezza del giudizio impone alle autorità di
salute pubblica di prendere provvedimenti”.
· Il Ministro della Salute annuncia:
“Abbiamo attivato il comitato nazionale per la sicurezza alimentare perché
fornisca un parere”, e il presidente del comitato dichiara: “Hanno elaborato un
rapporto che si basa su indicazioni di abitudini alimentari anglosassoni in cui
non è contemplata la dieta mediterranea … mangiano davvero malissimo e infatti
l’incidenza del tumore al colon è il doppio di quello che è registrato in
Italia … non fa male la carne o la salsiccia, sono le tecniche di cottura a
creare problemi, l’altissima temperatura con cui friggono tutto. E poi i
contorni grassi”.
Che il problema sia anche italiano il
presidente dovrebbe saperlo: già 25 anni fa un grande studio condotto in Italia
riscontrava un’associazione significativa del cancro dello stomaco con il
consumo di salumi, nonché di nitriti e di proteine, mentre una dieta ricca di
vitamina C, di verdure e di olio di oliva era protettiva. Il cancro dello
stomaco è significativamente più frequente in Italia, specie in Emilia, Toscana
e Umbria dove è più radicata la tradizione dei salumi, che in nord Europa 40
anni fa, quando c’era ancora l’effetto della dieta mediterranea tradizionale,
oggi non c’è più differenza. I tumori dell’intestino sono i tumori più
frequenti in Italia e sono il secondo tumore in ordine di frequenza in Europa,
dopo il cancro della mammella.
· Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità dichiara: “E’ una forzatura mettere la carne accanto alle sostanze cancerogene, …” e conclude: “un hot dog ogni tanto non ammazza nessuno”. Non c’è alcuna forzatura: il criterio della IARC è qualitativo, se ci sono prove solide che un prodotto causa tumori nell’uomo va classificato in classe I, cancerogeno per l’uomo, poi possiamo specificare se è più o meno pericoloso di altri prodotti. Le carni rosse e le carni conservate verosimilmente sono responsabili di un numero di tumori 10 volte inferiore rispetto a quanti ne sono causati dal tabacco. Ciò non toglie che siano cancerogene.
· Il presidente dell’Associazione
Italiana di Oncologia Medica si esprime dicendo che “è una questione di
quantità e non esiste una soglia di esposizione oltre la quale ci si ammala
sicuramente”.
Sorprendente: caro presidente, di
nessuna sostanza cancerogena si conosce una dose oltre la quale tutti ci
ammaliamo. Anche fra i forti fumatori c’è chi non si ammala.
· Il Ministero delle Politiche Agricole
invita a “non generalizzare e cadere in allarmismi, mentre dobbiamo portare
avanti il lavoro di educazione alimentare portato avanti nei sei mesi dell’EXPO”
(Il Messaggero).
Si riferisce forse ai salumi Beretta,
alle patatine San Carlo, a McDonalds e Coca-cola, tutti con ruoli importanti
all’EXPO. Ma possibile che non ce ne sia uno che dica: “Ok, rimbocchiamoci le
maniche e vediamo come possiamo ridurre il consumo di salumi, renderli meno
pericolosi, e rivedere le indicazioni ministeriali per la ristorazione
collettiva, tuttora anacronisticamente centrate sulle carni”. Solo il professor
Veronesi suggerisce di ripensare le indicazioni per la ristorazione scolastica
(La Stampa).
· Tutti invitano alla dieta mediterranea,
definita tuttavia in modo insolito: “La carne rossa si può mangiare
tranquillamente due volte alla settimana, così come le uova, il prosciutto, il
formaggio. Tutto di origine animale. Poi ovviamente si deve aggiungere verdura,
frutta, legumi e pasta. In questo modo abbiamo creato la dieta mediterranea.,
la migliore del mondo” (sempre il presidente del Comitato Nazionale per la
Sicurezza Alimentare). “Noi promuoviamo la dieta mediterranea – dice il Ministro
della Salute – dieta corretta dal punto di vista dei nutrienti che include la
carne rossa che va però scelta sempre fresca”. Il presidente di Assica,
l’Associazione degli industriali delle carni e dei salumi: “Oggi la carne è più
magra e con più proteine… il consumo di carne fa parte della dieta mediterranea
e nell’ambito di una dieta equilibrata non fa male”.
No cari amici, la dieta mediterranea
tradizionale, quella definita patrimonio immateriale dell’Umanità, non
comprendeva le carni, se non in via molto eccezionale. Rileggetevi il libro di
chi per primo ha descritto la dieta mediterranea e ne ha coniato il nome: Ancel
and Margaret Keys, How to eat well and stay well, the
Mediterranean way (1975)! Giustamente il Ministro della Salute rammenta che
“il problema è che negli anni abbiamo dimenticato la nostra tradizione e
tendiamo a mangiare sempre più cibi processati” (Il Messaggero). Ecco,
appunto, abbiamo dimenticato la dieta mediterranea tradizionale e abbiamo
inventato piramidi farlocche tipo la “Nuova dieta mediterranea moderna” che
prevede carni rosse fino a due volte alla settimana e carni conservate una
volta alla settimana, carni bianche due volte, uova tre volte alla settimana e
latticini 2-3 volte al giorno! In realtà mangiamo già il doppio delle proteine
di cui abbiamo bisogno, non ci servono le carni “con più proteine” che propone
l’industria.
· Il Sole 24ore riporta che la decisione dell’OMS
sarebbe stata dettata da recentissime ricerche che hanno riscontrato che un
certo zucchero presente nelle carni di tutti i mammiferi ma non dell’uomo (il
Neu5Gc) causa, quando lo ingeriamo, la formazione di anticorpi che reagendo con
lo zucchero inducono infiammazione e quindi potrebbero favorire lo sviluppo del
cancro.
Ipotesi interessante, ma, vi
assicuro, non c’entra niente con la decisione dell’OMS/IARC.
Gli studi che hanno convinto il
gruppo di lavoro IARC a classificare come cancerogene le carni conservate e
come probabilmente cancerogene le carni rosse datano da ben prima.
· Gli epidemiologi dell’Università di
Harvard fin dai primi anni ’90 avevano mostrato che il consumo quotidiano di
carne bovina o suina o ovina è associato a un rischio di cancro dell’intestino
circa tre volte più alto rispetto a chi ne mangia meno di una volta al mese.
· Nel 2005 i risultati del nostro
grande studio EPIC (500.000 persone reclutate nei primi anni ’90 in 10 paesi
europei) confermarono l’associazione, più marcata per le carni conservate, con
un rischio del 20-30% in più per i consumatori abituali rispetto ai non
consumatori/consumatori occasionali. Correggendo per gli inevitabili errori di
misura dei diversi questionari alimentari dei diversi paesi si stimò che il
consumo quotidiano di 200 grammi di carne rossa (fresca o conservata) circa
raddoppia il rischio di cancro colo rettale rispetto a un consumo occasionale.
· Nel 2007 il Fondo mondiale per la
ricerca sul cancro (WCRF), dopo una revisione sistematica di tutti gli studi su
alimentazione e tumori, concluse che c’erano prove convincenti che il consumo
di carni rosse e conservate aumenta il rischio di cancro dell’intestino, e
prove limitate (limited evidence) di un aumentato rischio di cancro
dell’esofago, dello stomaco, del pancreas, del polmone, dell’endometrio e della
prostata.
· Nel 2011 un aggiornamento del WCRF
con gli studi pubblicati successivamente concluse che le prove di
cancerogenicità per l’intestino erano rafforzate.
Le carni rosse contribuiscono a
causare il cancro dell’intestino attraverso vari meccanismi: molto si è
discusso delle amine eterocicliche e idrocarburi aromatici policiclici che si
formano nella cottura della carne ad alte temperature o nella cottura
prolungata; sono sostanze chiaramente cancerogene per l’intestino e per altri
organi in sistemi sperimentali, ma a dosi molto alte, difficilmente
raggiungibili nell’uomo; effettivamente alcuni studi hanno riscontrato un
maggior rischio in chi consuma abitualmente carni molto cotte, ma altri studi
non hanno confermato l’associazione. Un meccanismo più importante è quello
della formazione di n-nitrosocomposti (le nitrosamine) catalizzata dalla
presenza del Ferro-eme, il ferro dell’emoglobina e della mioglobina dei
muscoli, 10 volte più concentrato nelle carni rosse che nelle bianche. Le carni
conservate con l’aggiunta di nitriti contengono già nitrosamine e il Fe-eme
nitrosilato delle carni trattate con nitriti è più efficace nell’indurre la
sintesi di nitrosamine. Ammine eterocicliche e idrocarburi aromatici
cancerogeni si formano anche, anzi di più, nella cottura delle carni bianche,
il cui consumo non è stato mai associato al cancro dell’intestino, per cui il
meccanismo più probabile è quello dovuto alla presenza di Fe-eme. Il Fe-eme. Il
Fe-eme, inoltre, induce la formazione di perossidi lipidici, che a loro volta
producono un’altra sostanza mutagena, la malonildialdeide. È interessante che
la produzione di nitrosamine da parte del Fe-eme è inibita dalla clorofilla,
dalle vitamine C e E, antiossidanti, e dal calcio, mentre la formazione di
perossidi lipidici è inibita da vari polifenoli presenti in frutta e verdura.
Se si mangia carne rossa, quindi, è consigliabile avere nello stesso piatto
molte verdure, in particolare verdure ricche di calcio, e altre fonti di
vitamina C (frutta) e E (cereali integrali, olio ev di oliva). Nello studio
EPIC troviamo effettivamente che il consumo di carni rosse in chi ha una dieta
ricca di fibre vegetali non è che minimamente associato ad una maggiore
incidenza di cancro dell’intestino.
Gli studi di coorte pubblicati dopo
l’aggiornamento del WCRF hanno confermato l’associazione statisticamente
significativa del consumo di carne rossa con la successiva insorgenza di tumori
intestinali: negli Stati Uniti la coorte AARP con 566.000 persone reclutate nel
1995-1996 e la coorte PLCO, con 155.000 persone reclutate fra il 1993 e il
2001, hanno riscontrato, nel 20% delle persone che consumano più carne rossa e
conservata, un rischio del 24% e, rispettivamente, del 35% più alto di
ammalarsi rispetto al 20% che ne consuma di meno. La coorte norvegese NOWAC, di
88.000 donne, ha riscontrato rischi circa doppi di cancro colo rettale per un
consumo di 60 più grammi al giorno di carni lavorate rispetto a un consumo
inferiore a 15 grammi. Anche in Giappone, dove il consumo di carni rosse è
inferiore che in occidente, uno studio su 80.000 persone ha riscontrato che chi
ne consuma circa un etto al giorno aumenta il suo rischio di quasi il 50%
rispetto a chi ne consuma meno di 15 grammi.
· Nel 2014 è stato annunciato il Codice
Europeo per la Prevenzione del Cancro, redatto da un gruppo di lavoro IARC per
conto dell’Unione europea, ben noto al nostro ministero della salute, che lo ha
subito postato sul suo sito. Il codice riprende la raccomandazione del WCRF di
limitare il consumo di carni rosse e di evitare le carni conservate. Niente di
nuovo dunque.
Il gruppo di lavoro IARC,
considerando complessivamente tutti gli studi, conclude che il consumo di una
piccola porzione al giorno di carne rossa (100 grammi di carne fresca o 50
grammi di salumi) comporta un aumento di rischio del 17-18%. Si tratta in realtà
di sottostime, perché gli studi sono basati su questionari sulle abitudini
alimentari la cui accuratezza è modesta. Se si studia il tabacco tutti sanno
dire quante sigarette fumano al giorno, ma se si indaga sul consumo di carne
occorre tener conto delle varie forme con cui la carne compare nella dieta,
bistecche, arrosti, hamburger, polpette, ragù, tortellini, lasagne… e la gente
non sa dire con precisione quanti grammi di carne ci sono nella sua porzione
abituale. È inevitabile che si facciano errori, e gli errori, ad esempio se si
classifica forte consumatore un consumatore medio o viceversa, hanno come
effetto di sottostimare il rischio. Supponiamo che una porzione al giorno
aumenti il rischio di circa il 25%. Cosa significa in pratica? Fra chi non mangia
carni rosse circa 4 persone su cento si ammalano di cancro dell’intestino nel corso
della vita, se tutti ne mangiassero una porzione al giorno se ne ammalerebbero
5 su 100, con due porzioni al giorno 6 su cento, con tre (ad esempio una
bistecca di 200 grammi e un panino con il salame) 7 su cento, e così via. Molte
persone mangiano carni rosse e salumi tutti i giorni, le offriamo anche ai
bambini a scuola e ai ricoverati in ospedale, dando implicitamente il messaggio
che facciano bene.
Il problema delle carni rosse non è
solo il cancro. Le carni rosse aumentano anche il rischio di malattie di cuore.
Fra gli studi più importanti ci sono quelli dell’università di Harvard, che
seguono da oltre 30 anni 120.000 persone che ogni qualche anno compilano un
questionario sul loro consumo alimentare. Per ogni porzione di carne rossa consumata
al giorno il rischio di morire per una malattia cardiaca aumenta del 13%. Una
porzione al giorno di carne lavorata, ad esempio un hot dog, aumenta il rischio
del 20%. Una dieta ricca di proteine e grassi di origine vegetale, al
contrario, ha dimostrato di contrastare ipertensione e dislipidemie, i due
principali fattori di rischio per le malattie di cuore. Il consumo di carni
rosse e conservate, inoltre, aumenta il rischio di diabete, del 12 e del 32%
rispettivamente, per ogni porzione in più al giorno. È sufficiente sostituire
una porzione di carne rossa con una porzione di legumi o di semi oleaginosi per
ridurre il rischio. Anche il rischio di diventare obesi si riduce
significativamente traendo le proteine da legumi e noci invece che da carni
rosse
(https://nutritionsource.hsph.harvard.edu/what-should-you-eat/protein/).
Ci sono sempre più studi che
suggeriscono che il consumo esagerato di carni rosse di oggi aumenti anche il
rischio di sviluppare malattie neurodegenerative, in primis la demenza di
Alzheimer, verosimilmente per l’effetto pro-ossidante del Fe-eme, mentre la
dieta mediterranea, antiossidante e anti-infiammatoria, è protettiva.
Mangiamo troppa carne, mangiamo circa
il doppio delle proteine di cui abbiamo bisogno! Difficilmente i singoli
governi riusciranno a promuovere iniziative che facciano ridurre i consumi.
Forse la crescente pressione internazionale circa il disastro ecologico che si
prospetta con il continuo aumento della produzione di carne smuoverà qualche
politico, ma intanto impegniamoci a diffondere la conoscenza e ad aumentare la
consapevolezza dei cittadini.
Ricordiamoci che ognuno ha il potere,
indirizzando i propri acquisti, di determinare le scelte dell’industria
alimentare e della grande distribuzione.
Possiamo influenzare anche la
ristorazione collettiva. Iniziamo dalle scuole, chiediamo che le mense
scolastiche siano coerenti con le conoscenze scientifiche, coinvolgiamo
studenti, genitori, insegnanti, cuochi a considerare le raccomandazioni del
Codice Europeo Contro il Cancro. Nel dicembre 2015 il Coordinamento delle
istanze nazionali impegnate a migliorare la ristorazione collettiva (www.coordinamentocambiamolamensa.it), promosso dalle associazioni
“L’Ordine dell’Universo” e “La Grande Via”, ha formulato le seguenti
raccomandazioni per il ministero della salute, le aziende sanitarie locali, i
comuni e le aziende di ristorazione. Diffondiamole!
Rapporto conclusivo della riunione
del 2-12-2015 del Coordinamento Cambiamo la Mensa
Considerato che:
· Un terzo dei bambini italiani è in
sovrappeso (progetto Okkio alla Salute dell’Istituto Superiore di Sanità);
· Gli studi epidemiologici sono
coerenti nel mostrare che un eccesso di proteine nella dieta è associato a un
maggiore rischio di obesità, sia nei bambini sia negli adulti.
· i LARN pubblicati dalla Società
Italiana di Nutrizione Umana nel 2014 hanno ridotto del 30% circa le stime del
fabbisogno proteico alle varie età e della quantità di proteine raccomandate
nella dieta;
· I bambini italiani mangiano oltre il
doppio delle proteine di cui hanno bisogno (statistiche reperibili sul volume
dei LARN);
· Il Ministero della Salute ha espresso
preoccupazione per l’eccesso di proteine con cui vengono nutriti i bambini
(Quaderni del Ministero della Salute, Nutrire il pianeta, nutrirlo in salute,
ottobre 2015);
· Il Codice Europeo Contro il Cancro,
pubblicato nell’ottobre del 2014 e reperibile sul sito del Ministero della
Salute, raccomanda di evitare le carni lavorate (da noi sostanzialmente i
salumi) e di limitare il consumo di carni rosse;
· Il Fondo Mondiale per la Ricerca sul
Cancro, dopo una revisione sistematica di tutti gli studi su alimentazione e
tumori, aveva già emesso le stesse raccomandazioni nel 2007 (www.dietandcancerreport.otg);
· L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato le carni lavorate come “cancerogene per l’uomo” e le carni rosse fresche come “probabilmente cancerogene per l’uomo” (Monografie IARC sul Rischio cancerogeno per l’uomo delle sostanze chimiche e dei prodotti industriali);
· Le proteine di origine animale sono ritenute più problematiche di quelle vegetali per quanto riguarda la loro responsabilità nel favorire il sovrappeso (Günther A.L., 2007, Am J Clin Nutr, 86: 1765; Freisling H., 2015, Eur J Clin Nutr, pubbl. online 25 agosto);
· Le associazioni professionali dei
pediatri hanno dichiarato che un’alimentazione vegana, se opportunamente
pianificata, quindi con associazione di cereali e legumi, fornisce tutti gli
aminoacidi necessari per la crescita (www.americanacademyofpediatrics).
Considerato altresì che:
· Numerosi studi epidemiologici e
sperimentazioni cliniche dimostrano coerentemente che il consumo di bevande
zuccherate è associato a un rischio aumentato di obesità, di sindrome
metabolica, e di diabete (Te Morenga L. et al., 201, 3Br Med
J, 346: e7492);
· Che c’è il forte sospetto che anche
le bevande zero siano associate alla sindrome metabolica e al diabete;
· Che il consumo di patatine, patate,
prodotti a base di farine raffinate, dolciumi commerciali e, in grado minore,
succhi di frutta, è associato a un maggior rischio di obesità, mentre il
consumo di cereali integrali, legumi, verdure, semi oleaginosi e frutta è
associato a un minor rischio di obesità (Mozaffarian D., 2011, New Engl J
Med, 364; 2392);
· Che il Codice Europeo Contro il
Cancro raccomanda di evitare le bevande zuccherate e limitare i cibi ad alta
densità calorica, cioè i cibi ricchi di grassi, zuccheri e farine raffinate;
· Che il Fondo Mondiale per la Ricerca
sul Cancro e il Codice Europeo Contro il Cancro raccomandano di basare
l’alimentazione quotidiana prevalentemente su prodotti di provenienza vegetale
con un’ampia varietà di cereali integrali, legumi, verdure e frutta;
· Che la dieta mediterranea
tradizionale è associata a minor rischio di obesità, asma, dermatiti atopiche,
iperattività e deficit di attenzione, stitichezza, e migliora la funzionalità
respiratoria e l’assorbimento del calcio e del ferro;
· Che l’Organizzazione Mondiale della
Sanità raccomanda di evitare cibi ricchi di grassi saturi e trans, zuccheri
aggiunti, e sale.
Il
coordinamento delle istanze nazionali interessate a migliorare la qualità delle
mense scolastiche ritiene di esprimere le seguenti raccomandazioni:
1.
Al
Ministero della Salute, agli Assessori Regionali alla Sanità e alle Aziende
sanitarie:
ADEGUARE
LE LINEE GUIDA PER LA RISTORAZIONE SCOLASTICA ALLE CONOSCENZESCIENTIFICHE
2. Ai responsabili delle mense
scolastiche:
· QUOTIDIANAMENTE VERDURE E FRUTTA DI
STAGIONE;
· 3/5 PASTI CON CEREALI (INTEGRALI E
BIOLOGICI) E LEGUMI, SENZA CIBI DI ORIGINE ANIMALE
In
ottemperanza alla raccomandazione di basare l’alimentazione prevalentemente su
cibi di provenienza vegetale;
· 2/5 PASTI CON PRODOTTI ANIMALI (PESCE
O CARNI BIANCHE O UOVAO YOGURT O FORMAGGI)
sostituibili
con ricette vegane se richieste dai genitori;
· EVITARE CARNI CONSERVATE
attualmente
sono proposte con bassa frequenza, ma è importante non dare il messaggio che
siano cibi in qualche modo approvati dalle istituzioni sanitarie e scolastiche;
· EVITARE BEVANDE ZUCCHERATE
compresi
gli yogurt e i succhi di frutta zuccherati;
· EVITARE GRASSI IDROGENATI;
· EVITARE FARINE 0/00 COME PRIMO
INGREDIENTE;
· EVITARE I DADI E USARE (POCO) SALE
MARINO;
· PREPARARE DOLCI SENZA ZUCCHERI
AGGIUNTI.
3. Ai responsabili dei presidi
scolastici:
EVITARE
LA PRESENZA DI CIBI SCONSIGLIATI (BEVANDE ZUCCHERATE, BEVANDE “ZERO”, MERENDINE
CON FARINE RAFFINATE O GRASSI IDROGENATI O SCIROPPO DI GLUCOSIO E FRUTTOSIO)
NEI DISTRIBUTORI AUTOMATICI PRESENTI A SCUOLA.
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