La recensione del nuovo libro della prof.ssa Cristina Morra, oltre a farci conoscere brevemente il contenuto del suo nuovo libro, è anche rivolta a tutti gli studenti ai quali insegno, visto che può essere una breve lezione su alcuni degli argomenti affrontati nel corso dell'anno scolastico.
Buona lettura miei cari…
Che cosa è la geografia
Secondo alcuni la geografia è una materia
noiosa che costringe a imparare nomi di monti, fiumi e città a memoria e invece
niente di più sbagliato. Perché la geografia è una scienza e dal punto di vista
dell’insegnamento scolastico è una disciplina fondamentale. Tanto che il grande
filosofo della fine del ‘700 Emmanuel Kant, la descrisse come una scienza per
la vita.
La geografia serve a conoscere il mondo che ci circonda, studia gli aspetti naturali e quelli trasformati dall’uomo sulla superficie terrestre. Cerca così di capire il luogo e l’origine dei fenomeni, come siano legati fra di loro e gli eventuali sbocchi, rendendo però la geografia una materia complessa e difficile, perché chiede di collegare le cose, sottoponendo lo studioso ad un ragionamento e non solo alla fase della mera memorizzazione.
Questo ultimo libro Il Mondo… secondo Cristina. Immagini, riflessioni ed emozioni di una geografa, inizia partendo dall’idea del viaggio, cos’è per te viaggiare?
Prima di parlare del viaggio, ci dobbiamo riallacciare a quanto detto poco fa, precisando una premessa. L’insegnante di geografia, che può essere il maestro elementare o il professore delle scuole di primo e secondo grado, non va confuso con il geografo.
Il geografo è quello che studia la
geografia a livello più elevato e la pratica. Quando mi riferisco alla pratica
è perché la geografia non si fa solamente con i libri ma si fa con le carte
geografiche, cioè con le rappresentazioni cartografiche del territorio a varia
scala. Cioè di dimensione grande o piccola, a seconda della porzione di
territorio che voglio rappresentare. Saprete tutti che per rappresentare il
mondo completo sulla carta, si usano i planisferi ovali oppure i due cerchi
(mappamondo) da non confondere con il globo. Dopo di che, il geografo viaggia
per studiare i fenomeni.
Ci sono vari modi di pensare al viaggio: ad
esempio, lo possiamo organizzare anche per divertimento o per piacere personale.
Se una persona ha già studiato la
geografia, quando viaggia è molto più consapevole, dato che vede delle cose che
ha appreso sui libri oppure sui documentari o su internet ecc. e ha la
possibilità di controllare la realtà dei paesaggi e dei monumenti. Viaggiando
si rivelano all’osservatore spunti per capire meglio i territori lontani, ma
anche quelli inclusi nelle piccole zone limitrofe rispetto al luogo nel quale
risiede.
Ho intitolato il libro alla “scoperta del
diverso” per capire le “culture altre”.
Attenti! Culture altre è stato detto
apposta anziché altre culture, perché
diverse dalla nostra. E quando si studiano le altre culture, c’è bisogno
di altre materie. Così, la geografia non può esistere da sola, ma con l’aiuto
di altre discipline. Tutti sanno che storia e geografia sono molto collegate: ad
esempio, se viaggiando vedo un certo fenomeno già iniziato, è chiaro che ho
bisogno della storia. Viceversa, la geografia ha influito sulla storia, perché
ad esempio i cambiamenti dei climi che si studiano in geografia hanno
determinato migrazioni fino ad oggi. Quando ho voglia di studiare le culture
diverse dalla nostra, ho bisogno di una scienza più complessa denominata antropologia
culturale. E quando voglio sapere cosa pensano gli indiani, i cinesi oppure i
giapponesi nei confronti della vita, dei rapporti umani, delle istituzioni
politiche, entrano in gioco le concezioni del mondo o la storia del pensiero
che porta agli studi filosofici. Certo è che, se volessi studiare le
caratteristiche fisiche di un territorio dal punto di vista del rilievo o se
volessi approfondire la presenza di giacimenti minerari, avrò bisogno di
studiare la geologia, per comprendere come è composto il pianeta terra al suo
interno. Parliamo delle scienze del mondo fisico, tanto che in un libro mio di
geografia ho fatto la “ruota della geografia”. Ho inserito la geografia al
centro collegandola con pezzi di altre discipline che servono di supporto del
mondo fisico e del mondo umano. A quest’ultimo dovrò aggiungere la politica e
l’economia, con l’azione dell’uomo, che modifica la superficie terrestre
costruendo le città e praticando le attività economiche: da quelle del settore
primario (pesca, agricoltura, allevamento) a quelle del settore secondario
(industria) e terziario (commercio, trasporti, servizi e attività
varie).
La struttura del mondo
moderno si è andata sempre più restringendo, provocando il fenomeno chiamato Globalizzazione.
Nel libro ci sono tante fotografie dei tuoi viaggi, ci
riporti qualche esempio di Stato che ti ha colpita più degli altri dal punto di
vista della situazione politico-economica in relazione ai conflitti in materia
di approvvigionamento delle risorse?
Prima di entrare all’interno dei miei
viaggi c’è da premettere che il contenuto della prima parte del libro Il Mondo secondo Cristina, è stato
ripreso da Franco Brevini, un grande viaggiatore, sociologo e antropologo. Il
quale oltre a riportare i viaggi di alcuni personaggi del passato, ha
ricostruito la storia del viaggio: dall’uomo delle caverne fino ad arrivare al
turismo di massa, nel quale le persone comprano i pacchetti scontati nelle
agenzie turistiche e, quando arrivano alla meta, rimangono spaesati di fronte
all’ignoto. Questo si chiama “non viaggiare”. Brevini afferma che per viaggiare
dobbiamo andare piano, invitando a fare viaggi lontani ma anche brevi come ad
esempio quelli che impiegano mezza giornata con l’auto di famiglia, con il
treno o con la bicicletta. Viaggiare quindi vicino e sapere osservare
aggiungendo una bella camminata a piedi.
Riguardo agli esempi sono stata molto
fortunata. Perché dell’Italia ho una conoscenza approfondita; mentre per quanto
riguarda l’Europa ho potuto visitarla quasi tutta da adulta e quindi già con un
bagaglio culturale alle spalle. Nella mia attuale veste di pensionata, ho fatto
dei viaggi lontani utilizzando i soldi della mia buona uscita lavorativa.
Di fronte alla domanda della vostra professoressa
nonché scrivente l’articolo, partirei da un Paese che ha iniziato senza di noi
ad essere cristiano. Il primo paese cristiano del mondo, che dal punto di vista
formale è in Asia ma in realtà è più che europeo sia dal punto di vista della
tradizione culturale sia dal punto di vista etnico, ed è l’Armenia.
L’Armenia è diventata cristiana nel
303 d.C. con un grande santo che si chiama san Gregorio Armeno. Quindi dieci
anni primi dell’Editto di Costantino a Roma il quale dichiarò il Cristianesimo
religione libera. L’Armenia ha catene montuose e colline. Ha delle chiese
antichissime che risalgono al IV-VI secolo, contornate da vigneti e frutteti;
devo dire che gli armeni sono un popolo molto cordiale capaci di promuovere
anche un’ottima cucina.
Purtroppo questo popolo ha avuto anche una
serie di problemi.
Il
primo problema è stato il contrasto con la Turchia, che ai tempi
dell’Impero Ottomano si concluse con un cruento genocidio di cui ancora ci sono
testimonianze nei musei e nei monumenti. Nel 2015 fu celebrato a livello
mondiale il centenario del genocidio armeno (compiuto a cavallo tra il 1915 e
il 1923): se escludiamo quello commesso dai tedeschi contro gli ebrei, durante
il secondo conflitto mondiale, questo è senza dubbio uno degli eventi più
terribili della storia dell’uomo.
Il
secondo problema è quello sismico essendoci stato nel 1988, un violento
terremoto che provocò decine di migliaia di vittime, feriti e sfollati.
Inoltre si è verificato la perdita di
territori oggi andati alla Turchia, compreso il famoso vulcano Ararat che
costituisce la vetta più alta della Turchia all’interno dell’altopiano.
Probabilmente, il problema è che l’Armenia ha perso dei territori in quanto
facente parte dell’ex Unione sovietica, così che la Repubblica armena odierna è
molto più piccola di quella del passato.
Vai al link per saperne di più (1°
ottobre 2022)
Oggi la soluzione potrebbe essere che la Turchia riconoscesse le colpe nei confronti del genocidio armeno con la conseguente pacificazione, stabilità che potrebbe portare i suoi proventi anche per un eventuale sviluppo turistico.
Vorrei
parlare adesso dei nostri dirimpettai: gli
albanesi. Il canale di Otranto tra la Puglia e l’Albania è di soli 80
chilometri. Gli albanesi sono un popolo molto conosciuto in Italia fin dalla
caduta del comunismo dei primi anni ’90, quando molti scappavano, raggiungendo
le coste della Grecia e della Puglia. L’accoglienza di questa regione italiana fu
talmente forte che fu proposto di darle il premio Nobel per la pace.
Un altro motivo per cui gli albanesi sono
molto conosciuti è quello delle tante colf e badanti di questa etnia trasferitesi
in Italia e perfettamente integrate.
Quello che invece ignoriamo è la storia
dell’Albania che, sin dall’antichità, ha prima ospitato il popolo degli Illiri,
poi quello dei Greci, dei Romani e infine nel Medioevo i Veneziani stanziatisi
sulle coste. In Albania rimane un’interessante archeologia storica che ci svela
la trasformazione di questo popolo, fino a quando fu sottoposto alla dominazione
turca e recentemente entrò poi a far parte della sfera dei paesi comunisti.
Gli albanesi sono in parte cristiani (cattolici-ortodossi),
ma prevalentemente musulmani; anche se il loro Islamismo appare molto aperto e
dialogante, senza alcuna tendenza all’estremismo.
Dopo la caduta del comunismo, che portò
una serie di problemi economici, il paese fu aiutato dalle Nazioni Unite; oggi
la situazione economica è in via di ripresa, tanto da organizzare, sui versanti
delle coste adriatiche e ioniche, un forte movimento turistico.
L’eroe principale albanese del ‘400 è
Giorgio Castriota Scanderbeg, il personaggio che guidò i suoi connazionali alla
ribellione contro l'occupazione dell'Albania da parte dei turco-ottomani. Già
da questa guerra ci fu una prima forte ondata di albanesi in Italia soprattutto
in Puglia, Calabria e Sicilia importando in questi territori le loro
tradizioni, usi e costumi.
Adesso
parliamo dell’India, della Birmania e della Cina. Qui si tratta di realtà
lontane e di dimensioni enormi, sia dal punto di vista territoriale che del
numero di abitanti.
L’India
è come se fosse un pianeta a sé, con una grandissima cultura, tanto da
identificarla in “tante indie”.
La
vasta regione è in realtà un subcontinente, ossia una parte del continente
asiatico, con una grandissima penisola, separata dalla Cina, dall’altopiano del
Tibet e dalle catene dell’Himalaya, le più alte del mondo.
Ma l’India possiede una realtà tutta
filosofica e storica, e una realtà ultra moderna. Nell’immaginario collettivo
esiste l’idea della filosofia indiana molto legata alle tradizioni della loro
religione, la più antica del mondo: l’Induismo.
Avrete sentito parlare dei tre aspetti
della divinità: con il dio Brahma creatore, il dio Shiva che rappresenta
l'aspetto maschile dell'Assoluto e combatte il male, e il dio Vishnu, detto il
restauratore. Le divinità si trovano all’interno dei moltissimi templi
dislocati in tutto il paese.
In India nacque il Buddha. (Siddharta Gautama):
nato nel 564 a.C., fu il
primo a parlare di compassione verso i poveri e i malati e di aiuto verso i
diseredati, ma che fu cacciato dall’India perché vigeva il sistema delle caste
che comportava una fortissima differenziazione sociale. Nonostante tutto, la
sua filosofia si diffuse tantissimo nelle regioni della Birmania, della
Thailandia, del Laos e della Cambogia, ossia nella vicina penisola indocinese. Qui
si praticava il buddhismo delle origini, del lavoro su sé stessi.
Successivamente il Buddhismo entrò in Corea, in Cina e in Giappone veicolandosi
in altre forme.
Ad esempio in Birmania, un paese grande, molto povero e arretrato tecnicamente, diversamente
dall’India che è ultramoderna dal punto di vista tecnologico. Questa regione ci
porta in un mondo del passato, dove ancora ci sono i villaggi con i telai a
mano. L’India invece ha delle città grandi e inquinatissime, con una tecnologia
ad alto livello, ha persino la bomba nucleare ed è ricca di laboratori
scientifici; sconta però al suo interno la forte differenziazione sociale tra
gli scenari delle città e della campagna.
Ed ora parliamo della Cina.
Il suo popolo è il solo che sia stato capace di fare un’opera che si vede dalla
Luna. Quando gli astronauti sono andati nello spazio sono riusciti a
distinguere la grande muraglia cinese, quella che gli imperatori della Cina
crearono per difendere il territorio agricolo e mercantile dai mongoli e dalle
orde di barbari. Quindi la civiltà cinese è una delle civiltà più grandi e più
antiche della terra. La Cina è anch’essa un grande pianeta: esiste la Cina
propria e quella esterna. La Cina propria è la parte orientale con la valle dei
fiumi Giallo e Azzurro. Lì hanno inventato l’agricoltura, addomesticato gli
animali, molto prima di noi. Poi la zona costiera con i porti orientali e
mercantili. Mentre la Cina esterna ha territori, a nord e ad ovest, molto più
grandi che oggi fanno parte politicamente della Cina ma che avevano civiltà ed etnie
diverse. Nella Cina ha regnato il Celeste Impero con i monumenti sorti a
Pechino con il Palazzo d’Inverno e il Palazzo d’Estate. Le città sono enormi,
la stessa capitale del nord Pechino, così come Nanchino che era l’antica
capitale del sud. Enorme è pure Shangai,
situata a sud. Da non dimenticare Hong Kong prima colonia inglese e che adesso
è tornata alla Cina. Tutto questo è molto interessante da vedere così come ammirare
le famose sculture che compongono l’esercito di terracotta: soldati e cavalli
in dimensione naturale che furono sepolti insieme all’imperatore.
Politicamente la Cina è
oggi un paese comunista, creato da Mao Tse-tung (1893- 1971/1976).
Dal 1949 in poi, la Cina ha attuato un
tipo di comunismo diverso da quello russo, valorizzando l’agricoltura, ma anche
creando una terribile dittatura. I due meriti del comunismo cinese sono quello
di aver debellato le carestie e di avere alfabetizzato tutta la popolazione. Invece,
una colpa attuale del comunismo cinese è di rimanere una dittatura con un
partito unico, per cui le elezioni si basano soltanto sui candidati del regime.
Inoltre, anche se si richiama formalmente ai valori marxisti e quindi
dell’uguaglianza e dell’importanza del lavoro, il sistema è diventato un modo
solo per coltivare i propri interessi, assumendo le caratteristiche di una
spudorata propensione al guadagno, collegata alla vendita di beni e ad una massiccia
conquista dei mercati internazionali, combattendo con l’Occidente. Recentemente,
con la guerra in Ucraina, si sono concretizzate le divisioni politiche tra
l’Occidente e la Russia e la Cina “sta a guardare”: una situazione che appare
molto confusa.
Si è pure sentito parlare della speaker
della Camera degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, andata a Taiwan (Formosa per i
portoghesi), una grande isola a sud, residuo della Cina nazionalista. Si chiama
così perché, prima dell’avvento del comunismo e dopo la caduta dell’Impero, ci
fu in Cina un periodo con un governo nazionalista. Con la vittoria di Mao
Tse-tung i nazionalisti si rifugiarono a Taiwan. Un’isola filo occidentale,
conosciutissima per i computer, molto avanti tecnologicamente e anche dal punto
di vista culturale. Viene rivendicata dalla Cina mentre gli Stati Uniti cercano
di difendere l’indipendenza di questo popolo.
Hai scritto il libro in piena pandemia adesso abbiamo una
guerra in atto a causa proprio dell’approvvigionamento delle fonti energetiche.
Hai qualche riflessione in proposito?
Per parlare di questa
guerra in corso, ho aggiunto un’integrazione al libro in ristampa, con un
articolo intitolato: “La Guerra in Europa”. Un conflitto ci fu anche nella
penisola balcanica negli ’90, con la guerra del Kosovo. Ma quella odierna è una
crisi molto peggiore perché è molto più ampia e non è vero che è una guerra
soltanto tra la Russia e l’Ucraina: in realtà è una guerra tra il dittatore
russo Putin e l’Occidente ed è molto pericolosa.
Il 24 febbraio del 2022 le
truppe russe hanno aggredito e invaso l’Ucraina; rivendicando alcuni territori
che sono di lingua prevalentemente russa. Quest’ultimo concetto è molto
difficile perché dovremmo conoscere bene l’evoluzione delle lingue parlate nel
mondo che sono oggetto della geografia umana. Sia la lingua ucraina, polacca,
moldava, bielorussa e russa sono tutte lingue slave con alcune diversità.
L’Ucraina occidentale, parla la lingua ucraina, lo stesso nella capitale Kiev;
mentre la parte meridionale e orientale della regione politicamente ucraina è
formata da persone che prevalentemente parlano russo mentre sono inferiori di
numero quelle che parlano ucraino. Questo succede a Odessa, in Crimea e nella
regione del Donbass: in quest’ultima regione due parti di territorio si sono
proclamate Repubbliche indipendenti. Inoltre nel 2014, Putin dichiarò
l’annessione della Crimea alla Russia, svolgendo un referendum in cui il 95%
delle persone dichiararono di volere stare con la Russia. Il referendum non fu
regolare in tutte le sue forme previste dalle Nazioni Unite, tanto che l’Onu
non ha riconosciuto la sua validità, così come gli Stati Uniti e l’Unione
Europea. Quindi, dal 2014 serpeggia una guerra strisciante tra l’Ucraina e la
Russia, ma le notizie sono state poche. Putin così ha deciso di intraprendere
questo atto di forza per prendersi il Donbass, Odessa e la Crimea. È venuta a
crearsi una situazione molto pericolosa anche per gli Ucraini che, attraverso
il loro presidente Volodymyr Zelensky, hanno diritto di difendersi, con un
aumento della guerra e un riarmo che prevede non solo semplici fucili ma
missili e bombe atomiche. Non parliamo poi della strage di civili colpiti a
morte per le vie delle città ma anche di tanti soldati che non sono russi ma
sono nati in Siberia o in Cecenia, poiché Putin sa benissimo che non può
inviare soldati russi perché riconosciuti quasi come fratelli.
I grandi esperti auspicano delle
trattative di pace, così da poter assegnare regolarmente i territori all’Ucraina,
con autonomia per I “russofoni”. Alcuni
auspicano che si dovrebbe prendere a modello l’Alto Adige con l’autonomia
derivata da un accordo del 1946 tra Italia e Austria.
Link:
accordo di Parigi Gruber - De Gasperi.
Composto da altoatesini di lingua tedesca
potrebbe essere un esempio e un modello per tutti. Anche se negli anni ’60 ci
furono degli attriti sfociati in attentati le cose si sono risolte per merito
di due grandi democrazie: in Austria con il ministro degli esteri Karl Gruber e
in Italia con il primo ministro Alcide De Gasperi, accordo del 5 settembre
1946.
Purtroppo, e difficile da attuare una cosa
simile in Russia, visto che non c’è una vera democrazia, mentre in Ucraina vi è
la presenza di estremisti ultranazionalisti.
L’Agenda 2030
è il nuovo
quadro di riferimento globale per l’impegno nazionale e
internazionale teso a trovare soluzioni comuni alle grandi sfide del pianeta,
quali l’estrema povertà, i cambiamenti climatici, il degrado dell’ambiente e le
crisi sanitarie.
Di tutto questo tu sei stata la portavoce qualche anno fa e
ne hai fatto riferimento in tanti tuoi libri pubblicati. Adesso ci vuoi fare un
riassunto sintetico di tutti questi squilibri che andiamo in contro?
Prima di tutto ci dobbiamo riallacciarci
alla guerra tra Russia e Ucraina, visto che adesso si parla del problema del
gas-metano che è arrivato a prezzi altissimi, dato che si è interrotta la produzione
e la vendita con i gasdotti dalla Russia, mentre gli Stati Uniti lo liquefanno nelle bombole e lo esportano con le navi, traendo forti guadagni. Il problema è
grave. Anche se per quest’inverno molto lo prenderemo dal nord Africa, c’è da
dire che il gas metano è un gas serra e quindi bruciando il metano nei
termosifoni o cucinando, si produce anidride carbonica nociva, così che non può
essere la soluzione definitiva, per cui dobbiamo trovare delle fonti
alternative.
Parliamo quindi di fonti rinnovabili,
perché il carbone, il petrolio, il metano si esauriscono essendo dei
combustibili fossili, formatisi milioni di anni fa e si riproducono solo in
tempi geologici. L’ipotesi è quella di trovare delle fonti che si riproducano presto,
appunto le rinnovabili.
Queste ipotesi le ho scritte circa dieci
anni fa, in occasione del libro intitolato Il
pianeta squilibrato Link:
Il pianeta squilibrato recensione nel quale si elencano tutte le
problematiche ambientali ed ecologiche, il problema dell’esaurimento delle
materie prime, il problema delle fonti di energia e le dirette conseguenze nel
mondo. Derivate dai forti squilibri socio-economici sono le grandi migrazioni dai
paesi poveri verso quelli ricchi. Come pure il problema della sovrappolazione
rispetto alle risorse del territorio dei paesi poveri, contrapposta alla scarsa
natalità nei paesi cosiddetti ricchi.
Con il libro Il
pianeta squilibrato, pubblicato
nel 2012, ho avuto una
soddisfazione enorme perché tre anni dopo, nel 2015, Papa Bergoglio ha scritto
l’Enciclica “Laudato
sì” in cui
ha messo in evidenza il problema della tutela degli equilibri ambientali, del geosistema, dei sistemi ecologici locali e il
problema della povertà e dell’ingiustizia sociale. Su questo tema poi il Papa ha parlato delle
colpe della Globalizzazione consumistica, di avere messo il denaro e il
profitto al primo posto, avendo perso il valore della persona e il rispetto del
lavoro e portando alla rovina sia i rapporti umani che l’ambiente in cui si vive.
Ha poi scritto un’altra enciclica intitolata
Fratelli Tutti lanciando
l’idea dell’EdC. Sigla
ad Assisi in cui ha rappresentato da tre anni l’economia di comunione ossia dei
processi di giovani economisti e imprenditori che da tutto il mondo stanno
preparando per correggere il sistema.
Ma torniamo alle fonti rinnovabili, le quali sono innanzitutto
l’acqua che veniva usata già dall’antichità per muovere i mulini diventando
successivamente energia idroelettrica. Con l’invenzione della turbina e la
dinamo alla metà dell’Ottocento, si è trasformata la forza meccanica dell’acqua
in elettricità. Tutti i Paesi che hanno cascate e dislivelli come Svizzera,
Scandinavia, Giappone e Italia hanno costruito le centrali idroelettriche. Con
il tempo poi molte sono state smantellate, specie quelle piccole, che
erano molto ecologiche, perché costava meno produrre energia elettrica
bruciando i derivati del petrolio e generando l’energia termoelettrica.
In questo momento c’è la necessità di rivalutare l’energia
idroelettrica, con i piccoli impianti che sono migliori dei
megaimpianti, poiché si dovrebbero costruire dei laghi e delle dighe enormi che
sommergono territori immensi, come è successo in Africa o in Brasile, tanto che
possiamo capire che l’energia elettrica hai suoi pro e i suoi contro.
L’altra fonte è l’energia eolica derivata dal vento, che può
essere trasformata tramite dei semplici mulini in energia meccanica e quindi in
elettricità. Le pale dei motori dell’energia eolica sono ormai diffuse in
alcune regioni italiane: ci sono in Puglia, Molise, Abruzzo
e Sardegna. Non essendo molto estetiche a qualcuno non piacciono ma sono
certamente più ecologiche. Molto importante è anche l’energia mareomotrice,
tanto che anche nei dislivelli delle maree si possono installare le turbine
come succede nel nord della Francia.
Poi abbiamo l’energia solare, quella che si può produrre con i
pannelli o con celle particolari, che la trasformano in energia elettrica.
I pannelli che si installano sui tetti, sono soltanto dei tubicini di acqua che
riscaldandosi di giorno permettono di usare l’acqua calda, ma rimane però solo
un fatto termico e non elettrico.
Ci sono invece dei pannelli che si chiamano fotovoltaici che permettono
di trasformare l’energia del sole in energia elettrica. Tecnica che si può
sfruttare nelle zone dove il clima ha molte giornate di insolazione, per
esempio in tutta l’Italia meridionale. Ce ne sono tantissimi anche negli Stati
Uniti e in Russia.
L’energia geotermica si trova in Toscana a Larderello in una zona
vicino Pisa. Sono soffioni formati da getti di acqua calda e vapore che
venivano sfruttati chimicamente per lavorare le sostanze medicinali come
l’acido borico; poi nel 1905 si è scoperta la possibilità di usare questi
soffioni per mettere in moto le turbine. All’Italia va il primato del mondo di
avere già fatto questa produzione, tanto che una parte della rete
elettrica delle ferrovie dello Stato italiano è alimentata da tali meccanismi.
I tecnici italiani hanno creato centrali di questo tipo anche in altri Paesi
del mondo, come l’America centrale dove esistono dei fenomeni simili.
Infine, l’energia nucleare, molto contestata, si
ottiene rompendo con i cosiddetti reattori, il nucleo dell’atomo di
uranio, attraverso un’operazione che porta il nome di fissione nucleare.
Produce un calore enorme riscaldando l’acqua per muovere le turbine. Il
reattore deve essere costruito bene con la doppia cupola e bisogna stare
attenti con la temperatura ed evitare che ci siano fughe di radioattività,
sia sotto il suolo che nell’atmosfera. Ma rimane sempre un problema:
infatti, si tratta di un’energia pulita, a meno che non accadano
degli incidenti, come è successo in Ucraina, a Chernobyl, nel 1986
oppure in Giappone a Fukushima nel 2011. Anche evitando gli incidenti,
rimane il problema delle scorie di uranio, altamente radioattive per
migliaia di anni e senza una giusta collocazione per lo smaltimento.
Esiste un altro tipo di energia nucleare, ma ancora non è sfruttata dal
punto di vista industriale, chiamata fusione nucleare che è il contrario
della fissione. Anziché rompere l’atomo di un elemento pesante come l’uranio,
si copia la reazione che avviene nelle stelle così come nel Sole nel
quale due atomi di idrogeno si fondono insieme trasformandosi in elio e
producendo altissime temperature. Il problema è come controllare le alte
temperature, mediante contenitori particolari. Potremmo partire dall’acqua,
visto che l’idrogeno si ottiene con l’elettrolisi, rompendo la molecola
dell’acqua: avremmo cosi un’energia infinita e a poco prezzo. Ma
dovremmo riuscire ad ottenere la cosiddetta fusione a
freddo. Gli scienziati hanno fatto delle prove di laboratorio ma ancora il
procedimento non è attuabile dal punto di vista operativo. Questa comunque
potrebbe essere la vera energia del futuro.
Ecosistema e salvaguardia, la scuola media di primo e secondo grado cosa potrebbe programmare per rendere più sensibili le nuove generazioni?
La scuola può agire su tre piattaforme.
La prima è quella tradizionale, la lezione che parte da un libro di
testo, da argomenti presentati dall’insegnante, che richiede tanta fatica
attraverso lo studio, l’approfondimento e il tempo. Senza questa base non
esiste scuola, né tanto meno scaricare informazioni sui siti di internet. Solo
chi ha già una cultura di base può confrontare, approfondire e collegare
mediante l’uso della Rete.
La seconda cosa che può fare la scuola è quella di utilizzare i siti di
informazione dopo la creazione delle basi di studio tradizionali, organizzando gruppi
di lavoro con i ragazzi e innescando la curiosità di documentarsi e
aggiornarsi.
L’altra cosa fondamentale sono le uscite sul territorio: in questo
sono molto avanti gli Istituti tecnici e professionali sin dagli anni Ottanta.
A livello di scuola media le uscite permettono di andare a conoscere le
aziende e di rappresentare il territorio visitato. In
riferimento alle scuole superiori offrono la possibilità di parlare con i
dirigenti delle aziende, visitare musei, senza rinunciare a partecipare a
convegni o conferenze, facendo concludere con delle relazioni. Tutto
questo gli istituti tecnici e professionali lo hanno fatto, così come
l’affiancamento dell’alternanza scuola/lavoro e quindi delle esperienze
lavorative all’interno delle aziende, anche se ancora mancano delle garanzie
per evitare incidenti.
Un altro motivo che è stato ribadito recentemente in vari
convegni, è il discorso sul recupero del senso del dovere e del
sacrificio, dato che lo studio è tutte queste cose. Se non si studia a
fondo, le cose rimangono superficiali e allora dobbiamo recuperarle e
bisogna che lo Stato italiano dia non soltanto più mezzi alla scuola ma che
capisca che la formazione è fondamentale. Perché
istruzione, formazione ed educazione sono tre cose fondamentali, ma
diverse tra loro. L’istruzione è avere delle conoscenze e delle competenze;
mentre l’educazione è la formazione del cittadino, ossia la formazione di una
mentalità che capisca il bene della collettività, imparando a valorizzare
le proprie capacità e a lavorare con gli altri.
La formazione critica deve essere insegnata costantemente ai ragazzi delle scuole
superiori, affinché imparino a stare attenti di fronte alle informazioni
dei mass-media, spesso superficiali o di parte.
Cari ragazzi, per andare bene a scuola, il segreto è essere
curiosi, fare tante domande ed infine leggere molto e su qualsiasi
argomento. Vi invito a leggere le favole dei popoli Neri dell’Africa: sono
stupende ed educative. Favole e leggende, cronache dei viaggiatori ed esploratori
del passato, tutto materiale istruttivo. Quando avevo dodici anni avevo
visto solamente Roma, non è che avessi girato l’Italia eppure
conoscevo tutta l’Africa perché avevo studiato il libro scolastico della mia
mamma in cui era riportata la risalita del fiume Congo e del
Nilo! Così mi sono appassionata alla geografia.
Qual è il messaggio che vorresti lasciare alle nuove
generazioni di studenti?
Lavorate, gente, lavorate e
buon lavoro!