Vale la pena programmare una visita più che approfondita a questa
mostra dal titolo “Piero della Francesca. Indagine su un mito”, ancora attiva all'interno dei Musei di San Domenico di Forlì. Una collezione di opere che ci aiutano
a comprendere la riscoperta di questo grande artista, caduto nell'oblio per
alcuni secoli e poi rivalutato tra Otto e Novecento. Ed è proprio questo il filo
conduttore della mostra, che ha come pretesto, quello di indagare la portata
della sua opera, attraverso le indicazioni e lo studio di alcuni autorevoli
critici della storia dell’arte moderna, fra i quali Bernard Berenson, Adolfo
Venturi e in particolare Roberto Longhi. Da apripista alla mostra un’opera
pregevole, la scultura marmorea del Busto
di Battista Sforza realizzata intorno al 1472 – 1475 dallo scultore
Francesco Laurana. Moglie di Federico da Montefeltro, il calco fu probabilmente
desunto da un ritratto postumo della donna, morta il 6 luglio 1472. L’opera
oltre ad indicare i rapporti stringenti che l’artista ebbe con i duchi di
Urbino, ha la funzione di richiamare alla mente del visitatore il Doppio ritratto dei Duchi d’Urbino
eseguito da Piero e conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze. Sempre
ispirata a Battista Sforza è l’altra opera, il piccolo dipinto di CarloCarrà,
esposto poco più avanti: L’amante
dell’ingegnere (1921) con il quale l’artista chiuse quell'intensa stagione
metafisica insieme a Giorgio De Chirico.
Questo blog ha la funzione di interagire con altri appassionati d'arte come me. La lettura e lo scambio di appunti universitari, ricerche e approfondimenti su precise tematiche artistiche, e non solo, hanno lo scopo di arricchire la conoscenza e la cultura fra i diversi fruitori.
sabato 4 giugno 2016
giovedì 24 marzo 2016
Dal 1 al 18 aprile con
vernissage sabato 2 c.m. alle ore 17 presso l’Atrio d’Onore della Provincia di
Arezzo, si inaugura la mostra dell’artista Massimo Biondi dal titolo: Anime e Tarocchi curata dalla Storica
dell’arte Barbara Rossi. Una mostra sui generis
resa dal fatto che si espongono sia opere grafiche che scultoree del medesimo
artista.
Dopo un percorso
lavorativo iniziale, l’artista giunge alla grafica artistica che lo vede
impegnato come designer, ricoprendo il ruolo di project leader per note aziende.
Biondi ricorrerà a concepire le sue opere proprio avvalendosi di questa tecnica,
utilizzandola sia nella resa stilistica, come peculiarità nel trovare tonalità
secondo il principio del chiaroscuro, sia come canale e filo conduttore della
sua ricerca espressiva.
lunedì 21 marzo 2016
I Tarocchi Visconti - Sforza e i Tarocchi Cary-Yale
In occasione della mostra: "Anime e Tarocchi" dell'artista Massimo Biondi presso l'Atrio d'Onore della Provincia di Arezzo, dal 1 al 18 aprile con VERNISSAGE IL 2 APRILE IN CONCOMITANZA CON LA FIERA ANTIQUARIA.
Vorrei segnalare questo articolo inerente agli antichi mazzi di Tarocchi ancora esistenti.
I Tarocchi Visconte di Modrone o detti Cary-Yale (poiché conservati presso la Biblioteca dell’Università di Yale, U.S.A) sono un gruppo di 67 carte, dipinte a mano e ricoperte da una lamina d’oro finemente lavorata a bulino. Emblemi della famiglia Visconti come: la corona con i rami di alloro e di palma, i motti A bon droyt (“a buon diritto”) e Phote mante (cioè il faut mantenir, “bisogna mantenere”) sono impressi consequenzialmente su ciascuna carta. Come nota lo storico Giordano Berti, tutte le carte di Denari portano incisa ora l'una, ora l'altra faccia del fiorino d'oro fatto coniare dal duca Filippo Maria Visconti nel 1442. Il fiorino restò in uso fino al 1447, quando il duca morì e il governo di Milano passò alla Repubblica Ambrosiana. In quello stesso anno fu coniata una nuova moneta, l'ambrosino d'oro, utilizzato fino al 1450. Dunque, l'epoca di realizzazione dei Tarocchi di Yale è certa: tra il 1442 e il 1447. La realizzazione pittorica, in base all'antica testimonianza di Pier Candido Decembrio, biografo del duca, andrebbe attribuita a Michelino da Besozzo. Merita una segnalazione la carta degli Amanti, dove viene raffigurato un baldacchino con gli stemmi dei Visconti e dei Savoia, forse allusione alle seconde nozze di Filippo Maria Visconti con Maria di Savoia, nel 1428.
giovedì 17 marzo 2016
******I TAROCCHI DI SOLA - BUSCA *********
In occasione della mostra dell’artista Massimo Biondi intitolata: Anime e Tarocchi presso l’Atrio d’Onore della Provincia di Arezzo (1-18 aprile 2016) con vernissage il 2 aprile, vorrei parlare, attraverso un paio di articoli, su quella che è la storia, a mio avviso affascinante, dei tarocchi. In questo primo articolo ho raccolto una serie di appunti riguardo ad un mazzo di carte recentemente acquistato dalla Pinacoteca di Brera.
Nel 2009 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, esercitando
il diritto di prelazione, ha comprato il più antico mazzo (1491) di tarocchi
italiano (78 carte) noto come tarocchi di Sola - Busca dal nome dei suoi ultimi
proprietari. Il mazzo, completo e colorato è considerato il più vecchio al
mondo, accanto a quello purtroppo incompleto, realizzato a suo tempo per i
Visconti e acquistato dallo Stato nel 1971.
I tarocchi di Sola – Busca furono originariamente pensati per il gioco
di corte, quindi per il circolo umanista che sovente si radunava all’interno
delle corti rinascimentali. Un gioco considerato da intellettuali che non
veniva mai sanzionato dalle leggi in vigore, proprio perché non ritenuto gioco
d’azzardo, anzi molto spesso raccomandato come passatempo quotidiano.
Dobbiamo aspettare il XVIII secolo, quando in Francia viene assimilato
nel gioco dei tarocchi anche l’aspetto divinatorio, quando in un momento
particolare della cultura francese, trovò spazio uno smisurato interesse per il
mondo esotico dell’antico Egitto, collegato non solo ad una vasta simbologia ma
via via definito e compendiato con la nascente Massoneria. Alcuni studiosi di
quel periodo, ipotizzarono anche la possibilità che proprio nei tarocchi vi
fosse inserito il libro del dio egizio Thot, conosciuto come Ermete
Trismegisto, l’autore del Corpus
hermeticum: una collezione di scritti dell’antichità, che rappresentava la
fonte di ispirazione del pensiero ermetico e neoplatonico rinascimentale. Libro
che dal ‘700 si è persa ogni traccia, ma che gli studiosi del tempo, ribadirono
con certezza, che tutte le conoscenze del libro di Toth siano giunte fino a noi
attraverso le carte dei tarocchi e che sarebbe bastato dare solo una precisa
chiave di lettura per poter arrivare all’esatta interpretazione.
lunedì 14 marzo 2016
venerdì 22 gennaio 2016
Metafisica e avanguardie, Giorgio de Chirico e l'arte
Fino al 28 febbraio 2016 al Palazzo dei
Diamanti di Ferrara si tiene un’interessante mostra su Giorgio de Chirico
intitolata Metafisica e Avanguardie.
Si tratta di un’esposizione di opere eseguite tra 1915 e il 1919, il cosiddetto
periodo metafisico dell’artista, quando il pittore, ritornato da Parigi,
soggiornò per un breve tempo a Ferrara. Il percorso espositivo corredato da
approfondite didascalie, si snoda attraverso un interessante carteggio tra
artisti e poeti, esemplare la corrispondenza con il poeta Guillaume
Apollinaire. In effetti de Chirico e non solo, ma anche l’ambiente parigino,
crearono vicendevolmente una sorta di osmosi con alcuni personaggi famosi, come
le ricerche compiute in quegli anni da Pablo Picasso e dei cubisti, dal critico
d’arte e pittore Maurice Raynal o dal mercante d’arte Paul Guillaume, colui che
intratteneva affari anche con altri artisti italiani come Amedeo Modigliani. Da
quell’esperienza de Chirico ne approfondirà alcuni richiami, sciogliendoli con
echi desunti dalla pittura di due grandi artisti: il poeta e pittore Gustave
Courbet e dei suoi paesaggi, per il quale nutriva una profonda ammirazione e ancor
prima con i testi pittorici ripresi dal tedesco Arnold Böcklin.
giovedì 12 novembre 2015
****La Biennale di Venezia 2015 al fotofinish.**** ***Il Padiglione Italia: come salvarlo dal ridicolo***
Nel primo Forum dell’Arte Contemporanea svoltosi lo scorso settembre a Prato, si è parlato anche della Biennale di Venezia e su come si potrebbe riorganizzare in maniera più efficiente il nostro Padiglione Italia.
Prima
però vorrei riassumere brevemente le origini della Biennale. Nata con una
delibera dell'Amministrazione comunale del 19 aprile 1893, in cui si propose per
l’anno successivo, di "istituire una Esposizione biennale artistica
nazionale", che potesse risaltare anche in vista dei festeggiamenti delle
nozze d'argento tra il re Umberto e Margherita di Savoia. Dopo vari Consigli, nel
1895 si ebbe l’inaugurazione ufficiale riscuotendo un incredibile successo di
pubblico e ben 224.000 furono i visitatori che si recarono nella Laguna e di
questi, buona parte in possesso di biglietti speciali ferroviari di andata e ritorno
che includevano l'ingresso all'Esposizione…
Nelle
biennali seguenti, la Secessione Viennese fu vista come la tendenza artistica
del momento, determinando dei rapporti particolarmente privilegiati con
l’organizzazione, basta ricordare che proprio in quegli anni fu presentata la Giuditta II di Klimt. La rivincita degli
artisti francesi non si fece però attendere e nei maturi anni 20’, il Padiglione
francese ospitò retrospettive di Gauguin, Toulouse-Lautrec, Monet, Manet,
Degas, Renoir e presentò maestri contemporanei come Matisse (1928), Van Dongen
(1930) e Zadkine (1932). La Gran Bretagna organizzò personali di Nicholson,
Epstein e Moore, mentre la Germania, prima dell'avvento del nazismo, presentò
Marc, Nolde, Klee e gli espressionisti Dix, Hofer, Beckmann, Kirchner e
Schmidt-Rottluff. Nel 1928 fu allestita
la mostra sulla Scuola di Parigi con opere di Bissière, Chagall, Ernst e
Zadkine. Notevole attenzione venne dedicata agli artisti che in quegli anni risiedevano
nella capitale francese. Appels d'Italie
fu il titolo che Mario Tozzi scelse per la mostra da lui curata per la Biennale
del 1930, un confronto di artisti italiani francesi residenti nella capitale
d'oltralpe, mentre Severini nel 1932 presentò proprio una Mostra degli italiani
a Parigi, in cui espose, tra le altre opere,
I Gladiatori di De Chirico. Con l'avvicinarsi della guerra, il numero di
nazioni presenti alla manifestazione diminuì notevolmente, per ridursi a dieci
nel 1942, edizione decisamente in tono minore, incentrata su artisti militari.
Le due successive edizioni del 1944 e del 1946 non ebbero luogo.
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