Questo blog ha la funzione di interagire con altri appassionati d'arte come me. La lettura e lo scambio di appunti universitari, ricerche e approfondimenti su precise tematiche artistiche, e non solo, hanno lo scopo di arricchire la conoscenza e la cultura fra i diversi fruitori.
martedì 10 gennaio 2012
venerdì 25 novembre 2011
Giorgio Vasari e l'Incoronazione della Vergine alla Badia di Arezzo
Giorgio Vasari
(Arezzo 1511 - Firenze 1574)
Incoronazione della Vergine 1567
Olio su tavola, cm. 500x400 (con la cornice)
Arezzo, chiesa Badia delle Sante Flora e Lucilla
Nel libro delle Ricordanze di Vasari, fol.27v si legge: « Ricordo, come nel resto di questo anno (1567) si finj una tavola di braccia 7 alta: drentovi gli apostoli, che stanno a vedere la Nostra Donna andata in cielo, et Xo (Cristo) lincorona; che fu fatta per Filippo Salviati et oggi data per condursi in Arezzo in pieve alla cappella di messer Nerozo Albergotti. Laquale la pagata scudi dugento in Arezzo per ser Pietro, mio fratello, a Girolamo Camurini (in altre trascrizioni: Girolamo Camaiani) scudi 200 ».
Altre informazioni che riguardano lo stato di preparazione dell'opera, si traggono da alcune lettere inviate da Vasari a Vincenzo Borghini nell'estate del 1566, nelle quali lo mette al corrente su alcuni lavori che ha in studio e precisamente:
Il 31 luglio 1566 riferisce infatti che l'abate della Badia fiorentina ogni giorno gli rammenta le tavole che gli deve consegnare, e che "quella (la tavola) di Filippo è in casa mia (a Firenze) che s'ingessa"; il 18 agosto successivo aggiunge che "Batista", in realtà Giovan Battista Naldini, suo allievo, in quei giorni è al lavoro nel suo studio, ha, "ateso a bozzare la tavola di Filippo Salviati, che è finita".
Si comprende, quindi, che a essere finito è soltanto l'abbozzo dell'opera, ossia la prima vera mano data sulla tavola al fine di iniziare l'opera, tanto è vero che il 3 settembre seguente Vasari scrive nuovamente al Borghini, dicendogli che quando rientrerà a Firenze da Poppiano dove si trova, tra le altre opere in lavorazione nel suo studio (anche per lo stesso Borghini), potrà vedere "la tavola di Filippo bozzata".
La tavola di Filippo Salviati doveva essere posta nel monastero domenicano delle suore di San Vincenzo Ferrer a Prato, in particolare su di una parete interna del coro, struttura caratterizzata da una sala rettangolare coperta con volta lunettata su peducci in arenaria, fatta costruire dal committente tra il 1558 e il 1564 su progetto di Baccio Bandinelli, quest'ultimo artista di riferimento di Vasari.
mercoledì 23 novembre 2011
Incoronazione della Vergine alla Badia delle Sante Flora e Lucilla
Giovedì 24 novembre all'interno della chiesa della Badia di Arezzo presenterò una lettura della Pala vasariana appena restaurata. L'inizio è per le ore 20.30 durante la lettura riprenderò alcuni temi trattati lo scorso 30 ottobre alla chiesa della SS. Annunziata di Arezzo riguardante la Deposizione sempre di Vasari. Alle 21.00 saranno eseguite dal Quartetto Terpsycordes brani da Haydn, Shostakovich, Bloch e Beethoven.
domenica 30 ottobre 2011
Appunti per la Pala di Giorgio Vasari alla SS.Annunziata
Oggi alle 17.00 sarò davanti alla Deposizione di Giorgio Vasari, cercando di dare una lettura della tavola quanto più tecnica possibile. Preparandoci al Natale vi omaggio in anticipo di questa mia ricerca...
Giorgio Vasari
(Arezzo 1511 - Firenze 1574)
Deposizione dalla Croce 1538
Olio su tavola, cm. 327 x 197
Arezzo, chiesa della Santissima Annunziata
Nel libro delle Ricordanze si legge: "Ricordo come a di 3 di Gennaio 1535 la Compagnia del Corpo di Cristo d'Arezzo et per lei da Antonio di Pietro Sinigardi, priore di detta compagnia, et ser Antonio di Mariotto Gialli et maestro Niccolò di Jacopo Soggi et Dionigi di Fabbiano Sassoli, diputati dal capo della compagnia per allogarmi a dipignere una tavola a olio, drentovi la dipositione della croce del Nostro Signore per prezzo di scudi 130 di grossi 7 soldi 1 per uno scudo. Come per pubblico strumento di mano di Ser Francesco di Messer Bernardino Flori meglio si può vedere quell'atione ci[o]è scudi 130....".
Dal documento in nostro possesso si ricava che la tavola (fig.1) doveva essere posta dalla Compagnia del Corpo di Cristo sull'altare della cappella coincidente con quello principale di San Domenico ad Arezzo; tale Compagnia era solita riunirsi in locali appartenenti al complesso conventuale domenicano, nei pressi del quale, di lì a qualche anno (1541), Vasari comprerà una casa situata nel Borgo San Vito così come quelle contigue del Fondaccio e delle Paniere nel popolo di San Lorentino, edifici che quasi si affacciano sulla piazza antistante la chiesa di S. Domenico.
La decisione di allogare la tavola al giovane pittore fu presa dai confratelli il 7 novembre del 1535. Il 3 gennaio del '36 si definì il contratto e si stabilì il prezzo della tavola in 130 scudi, accettando l'invenzione che Giorgio proponeva in un disegno, poi sottoposto all'esame dei componenti, "Cu-historia e figuris ne de vulgariter".
Allo scadere dei due anni concessi per l'esecuzione dell'opera, il 3 gennaio del 1538 i confratelli si riunirono e decisero di dare a Vasari una dilazione a patto che egli a sue spese fornisse anche la cornice, di cui si era rifiutato di farsi carico nell'iniziale clausola di contratto.
Il rallentamento del lavoro e la successiva proroga del contratto si collega al periodo in cui l'artista ventiquattrenne lavorava al servizio del duca Alessandro e impegnato contestualmente nella realizzazione di parte degli apparati per il solenne ingresso in Firenze dell'imperatore Carlo V d'Asburgo.
Pressato dall'entità del lavoro, dalla ristrettezza dei tempi e dal boicottaggio degli artefici fiorentini, invidiosi della stretta relazione che aveva con il Duca, Vasari si risolse di chiedere aiuto ad alcuni artisti aretini quali: Raffaellino del Colle, Cristofano Gherardi detto il Doceno e Stefano Veltroni del Monte San Savino suo cugino.
Dalla stipula inoltre si evince che Vasari non era ancora famoso tanto che viene indicato nel testo solo con il patronimico e la cittadinanza.
Il dipinto è inoltre citato da Vasari anche in una famosa lettera diretta allo zio Antonio, scritta il 9 o il 10 gennaio 1537, subito dopo l'assassinio del duca Alessandro e lo descrive lungamente in un'altra nel febbraio dello stesso anno indirizzata al medico aretino e amico Baccio Rontini.
La lettera oltre a porre l'accento sullo spirito malinconico e inquieto per l'accaduto al giovane Vasari:
"Mi sono serrato in una stanza per abbozzare una tavola, che và qui in Arezzo nella chiesa de frati predicatori, che la fanno fare gl'huomini della compagnia del Corpus Domini per metterla sul'altare maggiore. Io da che mi partij da voi, sono per la morte del mio duca in tanta malinconia, che sono stato et sono per girare col cervello; et lo dimostrerrà quest'opera (...)
"Mi sono serrato in una stanza per abbozzare una tavola, che và qui in Arezzo nella chiesa de frati predicatori, che la fanno fare gl'huomini della compagnia del Corpus Domini per metterla sul'altare maggiore. Io da che mi partij da voi, sono per la morte del mio duca in tanta malinconia, che sono stato et sono per girare col cervello; et lo dimostrerrà quest'opera (...)
E' interessante perchè fa luce sulla fitta corrispondenza che entrambi intrattenevano, soprattutto sugli studi di anatomia che il giovane Vasari conduceva all'epoca, proprio in una lettera si viene a conoscenza che il biografo dichiarava di avere disegnato a Baccio alcune tavole anatomiche oggi perdute.
L'opera, è firmata "Georg...Vasarius Areti...Faciebat" sulla fascia che attraversa la schiena della pia donna in basso a destra, e fu trasferita presso la Santissima Annunziata a seguito delle soppressioni, leopoldine tra il 1796 e il 1797. Comunque non oltre il 1838 data in cui è citata all'interno della guida aretina di Oreste Brizzi.
martedì 25 ottobre 2011
martedì 4 ottobre 2011
Maraldi un'artista a tutto tondo conquista la città di Arezzo
Quarant'anni di attività sono molti, quanto mai difficile condensarli in un'elegante post, ma cercherò in ogni modo di evidenziarne gli aspetti più importanti.
Parlando della sua biografia, se pur complessa e frastagliata, si evincono due momenti cruciali della sua carriera, il primo tra il 1978 e il 1998, quando si trasferisce a Parigi e inizia a far parte, attraverso l'Istituto Culturale Italiano, di un circuito di mostre con artisti italiani tra i quali: Silvestri, Licata, Tamburi, Rotella, Dorazio e Perilli. Partecipa inoltre alla prima Biennale Art et Papier a Le Touquet (1980) e al prestigioso Salon d'Automne al Grand Palais di Parigi. L'altro nel 1983, con la mostra al "Festival Italiano" organizzata alla Maison della Cultura di Saint-Etienne, ottenendo l'attenzione del noto critico Franco Solmi (direttore della Galleria d'Arte Moderna di Bologna). Ed è proprio quest'ultimo che inserirà Maraldi nel gruppo da lui chiamato "I Feticci Provvisori", composto da opere di artisti come: Ettore Consolazione, Elvio Marchionni, Marocco, Fabrizio Passarella, Cuniberti, Della Volpe e Silvia Guberti. Nel 1984 espone al Festival d'Art Plastique ad Elancourt e da questo momento è un susseguirsi di esposizioni e di contatti a più riprese in affermate gallerie europee; da segnalare nel 2002 la partecipazione alla Biennale Internazionale del Design a Saint Etienne. Ma veniamo alla mostra...
mercoledì 28 settembre 2011
Ad Arezzo Frammenti D'Arte di Adriano Maraldi
Frammenti D'Arte è il titolo della mostra che l'artista Adriano Maraldi dedica alla città di Arezzo e curata dalla sottoscritta. Una raccolta complessa che possiamo riassumere in una vera e propria antologia artistica. Sperimentatore e indagatore dell'animo umano attraverso il linguaggio della video-art, realizza a Parigi (sua città di adozione) nel 1983, per la regia di Jean-Francois Reveillard, Objets libres operando una trasformazione dell'immagine in oggetto fluttuante. Studio che lo porta a interpretare oggetti apparentemente di uso quotidiano ma che in realtà utilizza come dialogo-comunicazione con il pubblico. Ed è proprio negli anni Ottanta, con la raccolta di opere intitolata Oggetti in cerca di equilibrio e pubblicata nel libro Tracce di un uomo alla deriva, che l'artista esprime, attraverso una sottile simbologia di segni, la sua inquietudine esistenziale trasposta a quella del genere umano. La ricerca spasmodica di un equilibrio precario, indagata nel fluttuare delle onde e del vento che scompagina i resti di oggetti lasciati su di una spiaggia di fine estate è il leitmotiv che si diffonde a più riprese in gran parte della sua produzione artistica. Oggetti galleggianti, ombrelloni strappati, improbabili sedie a sdraio sono risolti in colori luccicanti avvolti da un bagliore di un blu luminescente. I colori del mare che l'artista cesenate mai abbandonerà.
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