venerdì 7 ottobre 2016

**Il Pionta. Vescovi e artisti tra XIII e XV secolo**






In attesa della camminata e della visita di ricognizione dell’intera area di scavo, fissata nella mattina di domenica 9 ottobre 2016 ore 10 e organizzata con la volontà delle associazioni: Academo (Arezzo per la Storia), Slow Food condotta di Arezzo e Val Tiberina e A piede libero; non mi resta che argomentare su quella attività artistica ormai dispersa che alcuni studiosi ritengono essersi sviluppata inizialmente intorno alla fabbrica del Duomo Vecchio.


Già nell'Ottocento seguendo lo spirito e l’onda del revival dell’antichità tre insigni aretini, Giacinto Fossombroni, Giovan Francesco De’ Giudici e l’archeologo Gian Francesco Gamurrini evincono dalle loro ricerche sul territorio, come appariva evidente, durante i secoli, il forte legame tra i poteri locali con l’antico Episcopio. A questo proposito trascrivo uno stralcio dell’articolo di Luciana Borri Cristelli (2005) che riferisce dalle notizie desunte dei due studiosi Fossombroni – De’ Giudici: come, mentre il Capitolo della nuova Cattedrale continuava a mantenere nell’antico sito un cappellano, di “quegli insigni Edifizj” si prendeva cura l’Opera “soggetta al Consiglio della Città”: organismo che nel 1395 elegge quattro cittadini per restaurare la tribuna della primitiva cattedrale, ridotta in pessime condizioni; mentre Vasari genericamente, parla del successivo intervento del Vescovo Gentile de’ Becchi (1473 - 1497) a seguito della rovina della “parte di mezzo di quel tempio” (Edizione Torrentiniana 1550). I due studiosi si servono poi dell’edizione Giuntina scritta dal biografo nel 1568, quando sono alla descrizione della tipologia architettonica, nell'identificazione di due edifici ecclesiali: il primo riconosciuto nell'antica chiesa cattedrale di S. Maria e S. Stefano, l’altro con il tempio, successivamente dedicato a S. Donato, ambedue collegati all'immagine lasciata da Pietro Buonamici nel dipinto della Fraternita dei Laici.

sabato 23 luglio 2016

Una lettura del Colle del Pionta attraverso i manoscritti di epoca medievale



A sx una cartapecora del Messale del Pionta f.62r Biblioteca Apostolica Vaticana.
A dx una cartapecora del manoscritto 363.III.3a Biblioteca della Città di Arezzo.

Il Colle del Pionta o Duomo vecchio sta ad indicare quel fitto e ricco complesso di edifici a carattere cultuale e non, eretti durante i secoli e portati avanti nell’epoca medievale dall’autorità vescovile.
Ad oggi gli scavi sono ripartiti con l’impegno di Mauro Mariottini, presidente dell’associazione Academo, che promuove ed è concessionaria dei lavori, degli archeologi delle varie Università e con il sostegno dei volontari. A tale proposito vorrei riannodare, con alcuni articoli, questo pezzo di storia che negli ultimi secoli è purtroppo rimasto scollegato nella viva memoria cittadina ma che da questo Colle trae le sue origini.

sabato 4 giugno 2016

Riflessioni intorno alla mostra: Piero della Francesca. Indagine su un mito. Forlì






Vale la pena programmare una visita più che approfondita a questa mostra dal titolo “Piero della Francesca. Indagine su un mito”, ancora attiva all'interno dei Musei di San Domenico di Forlì. Una collezione di opere che ci aiutano a comprendere la riscoperta di questo grande artista, caduto nell'oblio per alcuni secoli e poi rivalutato tra Otto e Novecento. Ed è proprio questo il filo conduttore della mostra, che ha come pretesto, quello di indagare la portata della sua opera, attraverso le indicazioni e lo studio di alcuni autorevoli critici della storia dell’arte moderna, fra i quali Bernard Berenson, Adolfo Venturi e in particolare Roberto Longhi. Da apripista alla mostra un’opera pregevole, la scultura marmorea del Busto di Battista Sforza realizzata intorno al 1472 – 1475 dallo scultore Francesco Laurana. Moglie di Federico da Montefeltro, il calco fu probabilmente desunto da un ritratto postumo della donna, morta il 6 luglio 1472. L’opera oltre ad indicare i rapporti stringenti che l’artista ebbe con i duchi di Urbino, ha la funzione di richiamare alla mente del visitatore il Doppio ritratto dei Duchi d’Urbino eseguito da Piero e conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze. Sempre ispirata a Battista Sforza è l’altra opera, il piccolo dipinto di CarloCarrà, esposto poco più avanti: L’amante dell’ingegnere (1921) con il quale l’artista chiuse quell'intensa stagione metafisica insieme a Giorgio De Chirico.

giovedì 24 marzo 2016




Dal 1 al 18 aprile con vernissage sabato 2 c.m. alle ore 17 presso l’Atrio d’Onore della Provincia di Arezzo, si inaugura la mostra dell’artista Massimo Biondi dal titolo: Anime e Tarocchi curata dalla Storica dell’arte Barbara Rossi. Una mostra sui generis resa dal fatto che si espongono sia opere grafiche che scultoree del medesimo artista.
Dopo un percorso lavorativo iniziale, l’artista giunge alla grafica artistica che lo vede impegnato come designer, ricoprendo il ruolo di project leader per note aziende. Biondi ricorrerà a concepire le sue opere proprio avvalendosi di questa tecnica, utilizzandola sia nella resa stilistica, come peculiarità nel trovare tonalità secondo il principio del chiaroscuro, sia come canale e filo conduttore della sua ricerca espressiva.

lunedì 21 marzo 2016

I Tarocchi Visconti - Sforza e i Tarocchi Cary-Yale





In occasione della mostra: "Anime e Tarocchi" dell'artista Massimo Biondi presso l'Atrio d'Onore della Provincia di Arezzo, dal 1 al 18 aprile con VERNISSAGE IL 2 APRILE IN CONCOMITANZA CON LA FIERA ANTIQUARIA. 
Vorrei segnalare questo articolo inerente agli antichi mazzi di Tarocchi ancora esistenti.  

I Tarocchi Visconte di Modrone o detti Cary-Yale (poiché conservati presso la Biblioteca dell’Università di Yale, U.S.A) sono un gruppo di 67 carte, dipinte a mano e ricoperte da una lamina d’oro finemente lavorata a bulino. Emblemi della famiglia Visconti come: la corona con i rami di alloro e di palma, i motti A bon droyt (“a buon diritto”) e Phote mante (cioè il faut mantenir, “bisogna mantenere”) sono impressi consequenzialmente su ciascuna carta. Come nota lo storico Giordano Berti, tutte le carte di Denari portano incisa ora l'una, ora l'altra faccia del fiorino d'oro fatto coniare dal duca Filippo Maria Visconti nel 1442. Il fiorino restò in uso fino al 1447, quando il duca morì e il governo di Milano passò alla Repubblica Ambrosiana. In quello stesso anno fu coniata una nuova moneta, l'ambrosino d'oro, utilizzato fino al 1450. Dunque, l'epoca di realizzazione dei Tarocchi di Yale è certa: tra il 1442 e il 1447. La realizzazione pittorica, in base all'antica testimonianza di Pier Candido Decembrio, biografo del duca, andrebbe attribuita a Michelino da Besozzo. Merita una segnalazione la carta degli Amanti, dove viene raffigurato un baldacchino con gli stemmi dei Visconti e dei Savoia, forse allusione alle seconde nozze di Filippo Maria Visconti con Maria di Savoia, nel 1428.

giovedì 17 marzo 2016

******I TAROCCHI DI SOLA - BUSCA *********






In occasione della mostra dell’artista Massimo Biondi intitolata: Anime e Tarocchi presso l’Atrio d’Onore della Provincia di Arezzo (1-18 aprile 2016) con vernissage il 2 aprile, vorrei parlare, attraverso un paio di articoli, su quella che è la storia, a mio avviso affascinante, dei tarocchi. In questo primo articolo ho raccolto una serie di appunti riguardo ad un mazzo di carte recentemente acquistato dalla Pinacoteca di Brera.

Nel 2009 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, esercitando il diritto di prelazione, ha comprato il più antico mazzo (1491) di tarocchi italiano (78 carte) noto come tarocchi di Sola - Busca dal nome dei suoi ultimi proprietari. Il mazzo, completo e colorato è considerato il più vecchio al mondo, accanto a quello purtroppo incompleto, realizzato a suo tempo per i Visconti e acquistato dallo Stato nel 1971.
I tarocchi di Sola – Busca furono originariamente pensati per il gioco di corte, quindi per il circolo umanista che sovente si radunava all’interno delle corti rinascimentali. Un gioco considerato da intellettuali che non veniva mai sanzionato dalle leggi in vigore, proprio perché non ritenuto gioco d’azzardo, anzi molto spesso raccomandato come passatempo quotidiano.
Dobbiamo aspettare il XVIII secolo, quando in Francia viene assimilato nel gioco dei tarocchi anche l’aspetto divinatorio, quando in un momento particolare della cultura francese, trovò spazio uno smisurato interesse per il mondo esotico dell’antico Egitto, collegato non solo ad una vasta simbologia ma via via definito e compendiato con la nascente Massoneria. Alcuni studiosi di quel periodo, ipotizzarono anche la possibilità che proprio nei tarocchi vi fosse inserito il libro del dio egizio Thot, conosciuto come Ermete Trismegisto, l’autore del Corpus hermeticum: una collezione di scritti dell’antichità, che rappresentava la fonte di ispirazione del pensiero ermetico e neoplatonico rinascimentale. Libro che dal ‘700 si è persa ogni traccia, ma che gli studiosi del tempo, ribadirono con certezza, che tutte le conoscenze del libro di Toth siano giunte fino a noi attraverso le carte dei tarocchi e che sarebbe bastato dare solo una precisa chiave di lettura per poter arrivare all’esatta interpretazione.

 L'IPOCRISIA DEL SISTEMA. "UNA TRAGICOMMEDIA" Ancora una volta ho il piacere di prendere un caffè con la prof.ssa Morra e in q...