sabato 13 luglio 2024

Solo il cibo vero è salute

 Secondo articolo inerente al libro: Cibo e Salute 

Dottor Franco Berrino, già direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Correttiva dell’Istituto dei Tumori di Milano e presidente dell’associazione La Grande Via  


 

Gli allevamenti intensivi, le monocolture e l’impatto sul Pianeta

Oggi, comunque, il problema principale legato alla carne rossa è il danno che gli allevamenti intensivi causano al pianeta e all’ecosistema. Questo tipo di produzione è una componente importante dell’effetto serra, dell’inquinamento del suolo e del consumo di acqua. Inoltre, è un fattore estremamente impattante sul problema della fame del mondo, perché per produrre una caloria di carne si consumano 10-15 calorie in cibo vegetale, che potrebbero essere consumate dagli esseri umani. Oggi i bovini, ad esempio, non si cibano più di erba, che non è un alimento adatto all’uomo, ma consumano invece fondamentalmente cereali e legumi, cioè mais e soia, che potrebbero sfamare intere popolazioni. L’allevamento intensivo è quindi energivoro, consuma materie prime preziose e la resa non compensa quanto consumato; è dunque un sistema perdente, profondamente svantaggioso e distruttivo.

Non solo. La iper produzione di carne danneggia le popolazioni povere, alle quali viene sottratta la terra coltivabile per fare spazio ai grandi allevamenti, che hanno bisogno di ampie estensioni di terreno, e alle monocolture che poi andranno a sfamare quegli animali. A rimetterci sono i contadini, che invece potrebbero vivere di ciò che la terra produce e potrebbero anche vendere la produzione vegetale in esubero per contribuire a sfamare altre persone.

Laddove ci sono enormi distese di monocolture, si riducono l’agricoltura di prossimità e di sussistenza.

Un esempio sul quale riflettere può essere quello della Costa d’Avorio. All’inizio degli anni Settanta si percepiva un benessere generalizzato: tutti i bambini andavano a scuola, la fame non esisteva e l’economia era basata su caffè, cacao, caucciù e legname. Poi, negli anni Novanta, è arrivata la guerra tra il Nord e il Sud. E allora le comunicazioni, le esportazioni e il commercio si sono interrotti ed è arrivata la fame; i bambini morivano, non c’era da mangiare, si era rotto un equilibrio fragile che si basava sulla resa economica di monocolture che però non producevano alimenti commestibili. È questo ciò su cui occorre riflettere per cambiare paradigma.

Ci sono ampie aree in Africa dove la terra serve per produrre foraggio per gli animali, quindi è evidente che il danno generato dal consumo di carne è ancora più grave dell’impatto negativo che la bistecca può avere sul nostro intestino.

martedì 9 luglio 2024

CIBO E SALUTE. Manuale di RESISTENZA ALIMENTARE

Pubblico, in un breve ciclo di post, alcuni articoli estratti da questo libro, nel quale si affrontano i rischi che andiamo incontro se continuiamo a perseguire un'alimentazione sbagliata e quanto danno ancora arrecheremo all'ambiente. 

Nell'ultimo post sarà visibile il link per la lettura, nella versione italiana, del Manifesto "Food for Healt"



Vandana Shiva, fondatrice e presidente di Navdanya International

 

Oggi viviamo una situazione di assoluta emergenza planetaria, i suoli sono contaminati da sostanze chimiche, la biodiversità ha subito e sta subendo una devastazione senza precedenti, la produzione del cibo risponde a logiche economiche, industriali e di sfruttamento. Tutto ciò rappresenta evidentemente una grande minaccia per il futuro del nostro pianeta e degli esseri umani. Occorre allora individuare e perseguire la via per garantire il benessere della terra, la salubrità del cibo, l’utilizzo sostenibile delle risorse e il rispetto della biodiversità. La salute dell’uomo verrà di conseguenza.

Ciò di cui abbiamo tutti bisogno su questo pianeta è una transizione agro ecologica, dove per agroecologia è da intendersi il modello, sperimentato in India, il mio paese natale, che applica, sì, tecniche e sistemi di colture basati su principi ecologici nel rispetto dell’ambiente, ma che è anche una visione della vita, basata sul concetto di integrazione tra il genere umano e la natura.

La civiltà indiana si è evoluta e si è sostenuta per migliaia di anni ponendo al centro della sua agricoltura e del suo sistema sanitario la salute, la felicità e il benessere della Terra, di tutti i viventi e di tutte le persone.

Il motto Sarve bhavantu sukhinali, cioè “possano tutti i viventi essere felici”, è la nostra filosofia e l’obiettivo che guida tutte le scienze, le tecnologie e le conoscenze. La scienza vera si basa sul riconoscimento delle interconnessioni e delle interrelazioni fra gli esseri umani e la natura, fra organismi diversi e all’interno di tutti i sistemi viventi, compreso il corpo umano. In Oriente questo approccio ha favorito lo sviluppo di una scienza ecologica e sistemica, non frammentata e riduzionista come in Occidente, benché anche in India abbia preso piede negli ultimi decenni l’approccio meccanicistico più occidentale, generando contraddizioni e non pochi problemi.

Per la cultura indiana, le tecnologie sono strumenti. E gli strumenti devono essere giudicati secondo criteri etici, sociali ed ecologici; strumenti e tecnologie non sono mai stati considerati autoreferenziali, bensì giudicati nel contesto del loro contributo al benessere di tutti.

In India, le scienze ecologiche dell’agricoltura, del cibo e della salute si sono evolute come sistemi avanzati di conoscenza per migliorare il benessere collettivo.

I doni dell’India per la salute del mondo sono due scienze che si possono definire sistemiche: quella dell’agricoltura ecologica-biologica e quella dell’ayurveda intesa come scienza della nutrizione più avanzata, basata su cinquemila anni di tradizioni di cui si è dimostrata la salubrità.

lunedì 3 luglio 2023

Il MONDO... secondo CRISTINA. Immagini, riflessioni ed emozioni di una geografa.

La recensione del nuovo libro della prof.ssa Cristina Morra, oltre a farci conoscere brevemente il contenuto del suo nuovo libro, è anche rivolta a tutti gli studenti ai quali insegno, visto che può essere una breve lezione su alcuni degli argomenti affrontati nel corso dell'anno scolastico. 
Buona lettura miei cari…



Che cosa è la geografia

Secondo alcuni la geografia è una materia noiosa che costringe a imparare nomi di monti, fiumi e città a memoria e invece niente di più sbagliato. Perché la geografia è una scienza e dal punto di vista dell’insegnamento scolastico è una disciplina fondamentale. Tanto che il grande filosofo della fine del ‘700 Emmanuel Kant, la descrisse come una scienza per la vita.

La geografia serve a conoscere il mondo che ci circonda, studia gli aspetti naturali e quelli trasformati dall’uomo sulla superficie terrestre. Cerca così di capire il luogo e l’origine dei fenomeni, come siano legati fra di loro e gli eventuali sbocchi, rendendo però la geografia una materia complessa e difficile, perché chiede di collegare le cose, sottoponendo lo studioso ad un ragionamento e non solo alla fase della mera memorizzazione.  

giovedì 31 ottobre 2019

Cittadini liberi e consumatori consapevoli nel mondo globalizzato. Un caffè con la Prof.ssa Cristina Morra



Alla luce delle nuove tematiche che il mondo sta affrontando. 
Ho ritenuto interessante recensire il libro della Prof.ssa Cristina Morra inerente a tali problematiche.


Il testo è stato segnalato, per la saggistica, al Premio Internazionale TULLIOLA – 2009 -


Giovedì 7 novembre 2019 alle ore 18.00 ad Arezzo 

presso Verde ACQUA BY POUREAU, via Lorenzetti  64/66 

TAVOLA ROTONDA. Incontro con la Prof.ssa Cristina Morra, geografa, autrice del libro

Interverranno:

Dott.ssa Barbara Rossi, moderatrice, storica dell'arte e curatrice di eventi 

Dott.ssa Maria Letizia Puzzella, economista, gestore   de L'ALVEARE GIOTTO di Arezzo








martedì 25 giugno 2019

*Verrocchio il maestro di Leonardo*






Fino al 14 luglio prosegue la mostra fiorentina di Andrea di Michele di Francesco Cioni in arte Verrocchio (1435-1488), una doppia esposizione che vede il filo conduttore dell’attività del pittore per gli anni giovanili, all'interno delle sale di Palazzo Strozzi, e della piena maturità nelle due sezioni al Museo del Bargello.

Il valore artistico della mostra lo si riscontra dall'imponente lavoro di raccolta delle 120 opere che i curatori, Caglioti e De Marchi, hanno portato a termine lungo una gestazione di ben quattro anni. L’intento, hanno dichiarato, è stato quello di ridare lucentezza e splendore ad un artista, quasi dimenticato o non del tutto al centro della critica contemporanea, ma che in realtà ha fatto scuola ad una generazione di artisti poi divenuti meteore o astri nascenti nella storia del Rinascimento. Opere di: Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Desiderio da Settignano, Lorenzo di Credi, Fra’ Bartolomeo, Pietro Perugino, Giovanfrancesco Rustici, Bartolomeo della Gatta, Leonardo da Vinci, i Pollaiolo, fanno rivivere lo splendore di quelle botteghe vivaci e dinamiche sparse nei cantieri della Firenze del Quattrocento. Di certo, l’incombente lezione lasciata da Donatello, dovette portare ad una nuova virata nel genere della scultura, costringendo gli artisti a studiare i più sofisticati meccanismi delle pose, delle mani e della torsione del busto, affinché rimanessero sulla cresta dell’onda e così da ottenere sempre più commissioni.

venerdì 6 luglio 2018


Rimarrà aperta fino al 22 luglio nelle sale di Palazzo Strozzi a Firenze, la mostra ideata da Luca Massimo Barbero dal titolo: Nascita di una Nazione. Tra Guttuso, Fontana e Schifano.

Una carrellata di ottanta opere, che hanno come scopo specifico, quello di ripercorrere i tratti salienti che hanno caratterizzato il panorama italiano, dall’Unità d’Italia agli anni della contestazione sessantottina. Una storia visiva composta da opere, video e installazioni dei principali artisti, che hanno apportato con al loro ricerca, quel cambiamento di gusto, di genere e di costume espressi nell’arte, nel cinema, nella moda, nella cronaca, nella politica della società italiana. 
Inizia il percorso il grande quadro con La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1955), del realista Renato Guttuso. Un’opera inerente all’Italia del Risorgimento, che sta a simboleggiare un secondo rinnovamento identificato nel secondo dopoguerra.  Subito dopo Il comizio (1950) di Giulio Turcato (che poi è l’emblema della mostra), fu una tra le opere che andarono in mostra nel 1948 a Bologna nella “Prima mostra nazionale d’arte contemporanea”, suscitando scandalo e aprendo un aspro dibattito sulle pagine dei giornali. Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano su Rinascita parlò di “cose mostruose, scarabocchi”. In realtà l’arte moderna, in quel periodo, iniziò a prendere strade diverse. Staccandosi da un figurativo non più funzionale per quell’epoca, si avviava verso una nuova interpretazione del culto delle immagini e dei contenuti, racchiusi nel simbolo, e adesso studiato in funzione metalinguistica. Parte da qui la ricerca di Giulio Turcato, il cui frammento ideale contenuto nel simbolo, non è altro che l’espressione in forma triangolare delle bandiere con il loro svettare fino agli estremi lembi della superficie della tela, così come gli striscioni bianchi che vi si frappongono orizzontalmente e le linee curve e ondeggianti che lasciano intendere la presenza di migliaia di persone. Gli fa eco Stars, l’opera di Franco Angeli, su cui riproduce (come se fossero tanti stampi in una volta che assomiglia ad un firmamento) la falce e il martello, logo realizzato qualche anno prima da Guttuso per il Partito Comunista. L’opera ricca di significati, si moltiplica nel segno, mostrando anche la non estraneità dell’artista ai fatti americani intorno alla nascente pop art Warholiana. Il quadro battuto dalla casa d’aste Sotheby’s di Milano nel 2016, ha totalizzato il record di 87,000 euro.

martedì 22 maggio 2018

L'Eterno e il Tempo tra Michelangelo e Caravaggio


Dopo il successo invernale della mostra sul Cinquecento tenutasi a Palazzo Strozzi, eccone il proseguimento storico-temporale nell'allestimento ai Musei di San Domenico a Forlì. Un’esibizione di opere di alto livello che si ricongiungono a quell'insieme di idee e fatti storici, focalizzati nella mostra fiorentina appena conclusasi. Una tra le novità che difficilmente ci vengono offerte, quando andiamo per mostre, è indubbiamente quella di trovare le pale pittoriche riallestite dentro una sorta di spazi immaginativi, che ne possano tuttavia rievocare il contesto, e quindi gli altari primigeni entro i quali furono pensate e progettate. Il visitatore infatti si calerà dentro l’osservazione delle tavole, spostandosi agevolmente nella grande sala, ad aula unica, della chiesa domenicana di San Giacomo Apostolo. Seguendo il filo logico artistico, apre la mostra il grande arazzo su cartone di Raffaello Sanzio, elaborato dalla Manifattura di Pieter van Aelst oggi ai Musei Vaticani (Bruxelles 1515-1519)

 L'IPOCRISIA DEL SISTEMA. "UNA TRAGICOMMEDIA" Ancora una volta ho il piacere di prendere un caffè con la prof.ssa Morra e in q...